Oggi i simboli numeri vengono comunemente chiamati “arabi”, ma erano veramente arabi? In realtà no, invece si dovrebbero chiamare “indiani”.

L’ORIGINE

Intorno all’VII secolo i musulmani in Persia vennero in contatto con l’India e gli indiani, questo permise scambi culturali tra cui conoscenze astronomiche, e ovviamente matematiche. Un traduttore del sanscrito di libri di astronomia, geografia e matematica, che rispondeva al nome di Muhammad Musa al-Khwarizmi, intorno all’830 pubblicò un libro che in seguito venne tradotto in latino col titolo Algoritmi de numero Indorum. Da quel libro l’Occidente apprese la numerazione che dura tutt’ora.

IL MEDIOEVO

Questo scambio del sapere avvenne in un’epoca erroneamente consideriamo “buia”, i libri e le idee circolavano, non alla stessa velocità, ma tanto quanto oggigiorno. Così apprendevano concetti illuminanti e altri che avrebbero messo in serio pericolo la vita.

UNA RIFLESSIONE D’OBBLIGO

È d’obbligo riflettere sulla quotidianità. È probabile che le scoperte fatte negli ultimi decessi potrebbero essere definite epocali, una forte spinta in avanti su diversi campi, paragonabili a quelle di Galileo e Newton. Si pensi alla scoperta di pianeti come la Terra o al bosone di Higgs, mica roba da poco. Eppure ancora esiste una piaga feroce che condiziona in modo negativo le politiche del mondo intero. Proprio in questi giorni assistiamo a diverse forme di proteste, a Hong Kong, in diversi stati del Sud America, in Europa. La situazione è su più punti incerta e alcune nazioni sono governate da moderni Caligola o terribili despoti celati dietro un debole velo di democrazia.

L’IGNORANZA SOTTOMETTE

Da quale punto si osservi il problema è sempre sociale, economico e culturale, persino le nazioni cosiddette più civilizzate sono di una povertà culturale aberrante. Lasciare molti strati della società semianalfabeta (anche se in possesso di laurea) riduce fortemente la capacità di comprendere le vicende del momento. E soprattutto annulla la capacità di ribellione. Perché per ribellarsi bisogna capire, criticare, e volere alternative alle non accettabili condizione di povertà psicologiche, economiche e culturali in cui viviamo. Tutto questo può avvenire – con tutti i mezzi possibili – se gli uomini e le nazioni tra loro hanno un dialogo, uno scambio di idee, un contagio culturale che può fare solo bene.

 

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