In tempi cupi come questi, servono modi per scaldarci il cuore. Una nostra lettrice è tornata a scrivere alla nostra amica Anna e noi vogliamo oggi condividere questa lettera. 

Cara Anna, oggi si festeggiano gli innamorati e voglio raccontarti la mia storia. Sembrerò banalmente cretina, ma ho il dovere morale di parlare a costo di essere sonoramente sfottuta. Parto da una premessa doverosa. Non ho più 15 anni e passata la boa dei 30, lo sai che il principe azzurro è una farsa e che il sentimento in media si trasforma in risentimento per tutto quello che avrebbe potuto essere e invece non è stato. Alla mia età non ci si fa illusioni, si ha ben chiaro che la scelta può essere fra il meno peggio o la singletudine. E il più delle volte si costruisce la propria vita attorno al consolatorio “meglio sole che male accompagnate”, perché di fare la balia, se non la badante, all’idiota bugiardo di turno non si ha alcuna voglia. So di cosa parlo perché io ho tirato i remi in barca come tante altre mie coetanee, ho rinunciato anche al sogno dell’amore perché a forza di inseguirlo, mi ero ridotta a una versione patetica di Bridget Jones.

Pensavo fosse un calesse 

Ammantata di disincantato cinismo sono andata avanti per la mia strada, senza voltarmi mai indietro, seminando cuori infranti – così anche per farla pagare a tutto il genere maschile, di cui faceva parte quello che mi aveva fatto soffrire infinitamente – provando commiserazione per tutte quelle infinite parole d’amore che leggevo sui social. Ero convinta di essere destinata a essere come Samantha di Sex and the City e invece, senza neanche accorgermene, sono diventata Carrie. Perché il grande amore è arrivato all’improvviso e nonostante i miei tentativi di mandare tutto in rovina, lui è diventato l’uomo che realizza i miei sogni. Sono perdutamente innamorata e per la prima volta lo sono di una persona in carne e ossa, non di qualcuno che io ho idealizzato sino ad accorgermi che era soltanto un ologramma delle mie aspirazioni.

Fiori d’arancio

Avresti mai immaginato che mi sarei sposata? Io che verso quest’istituzione contrattuale avevo un’idiosincrasia atavica. E invece l’ho fatto, per due volte. La prima in un letto di un albergo, scambiando promesse eterne – credendoci convintamente, sottolineo – e l’altra in un letto al buio, con anelli infilati in mani tremanti. Ho sposato due volte lo stesso uomo perché lo amo come mai avevo amato prima qualcuno, perché lui mi fa venire voglia di essere migliore ogni giorno, perché lui mi piace persino quando lo investirei con la macchina per quanto mi fa incazzare. L’ho sposato dopo che mi ha chiesto di farlo infilando una bellissima scarpa maculata nel mio piede, l’ho sposato dopo che abbiamo attraversato le tempeste rimanendo sempre uniti. L’ho sposato litigando, discutendo, facendo l’amore, cucinando, in quel supermercato con lui che spinge il carrello, in uno studio medico in attesa di un esame, lavorando a un progetto comune. L’ho sposato perché lui non è il mio principe azzurro, ma l’uomo che voglio avere accanto. Per sempre, proprio come nelle favole che a volte diventano realtà.