Sostenibilità, riuso e riciclo sono concetti entrati in tempi recentissimi nella nostra quotidianità. Eppure nei primi anni del secolo scorso a inaugurare in grande stile la pratica del riciclo fu nientedimeno che Vincenzo Florio.

PALERMO E LA BELLE EPOQUE

Palermo era nel pieno della sua età dell’oro, completamente immersa nella Belle Epoque. Ernesto Basile cambiava il volto della città, nei salotti bene si discettava sull’ultimo viaggio a Parigi bevendo Anisette o Assenzio, mentre Renè Lalique realizzava il trofeo in bronzo per il vincitore della prima Targa Florio del 1906. E fu proprio la gara automobilistica più famosa al mondo, insieme alla Le Mans, a fornire al suo ideatore Vincenzo Florio. l’ispirazione al riciclo.

LE OFFICINE DUCROT

Con un viaggio spazio-temporale raggiungiamo l’area che oggi ospita a Palermo i “Cantieri culturali della Zisa”. Negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, questa era il cuore delle rinomate “Officine Ducrot”. L’impianto, che  prendeva il nome del suo proprietario e fondatore Vittorio Ducrot, era nato per produrre mobili in stile Liberty, molti dei quali furono destinati ad arredare i più noti salotti siciliani, lussuose navi da crociera e persino alcune sale di Montecitorio. All’avanguardia nella lavorazione del legno, gli oltre 500 dipendenti di Ducrot realizzavano anche eliche e Mas, i motoscafi armati della Marina tanto cari a Gabriele D’Annunzio. Ma nel 1915, l’ingresso dell’Italia in guerra cambiò la prospettiva dell’azienda.

 

ESIGENZE DI GUERRA

L’inizio del primo conflitto  mondiale mise il Ministero della Guerra di fronte ad una cruda realtà: le forze armate italiane soffrivano una carenza di aerei di produzione nazionale a fronte del potenziale militare Austro-Ungarico che poteva contare su un complesso industriale che sfornava grandi quantità di biplani e triplani, si trattava di velivoli realizzati in legno e tela, ma per l’epoca erano macchine all’avanguardia.

NACQUE LA APOM

La soluzione trovata a Roma fu di dare impulso a una produzione, su licenza, di aerei già realizzati da altri Paesi alleati e per questo si riconvertirono le fabbriche del Sud Italia alla costruzione di velivoli da guerra. Fu questo il punto di snodo che vide l’A.P.O.M. (Anonima Palermitana Officine Mobili) di Vittorio Ducrot trasformarsi in “Vittoria Aeronautica Ducrot”, iniziativa che l’imprenditore affrontò in società con un brillante Vincenzo Florio.

LE ELICHE DIFETTOSE

La fabbrica palermitana, nel frattempo, aveva anche avviato la costruzione di 4000 eliche in legno per gli aerei. Ed è a questo punto che Vincenzo Florio ha una intuizione che anticipa i tempi. Durante la produzione delle eliche, infatti, si pose il problema di cosa fare degli esemplari difettosi e quindi inutilizzabili per gli aerei. Ducrot pensò che quelle eliche dovessero essere mozzate e distrutte, ma Florio, vedendo quei manufatti in legno tristemente accatastati in un angolo di magazzino in attesa di essere eliminati, aguzzò l’ingegno.

I PALETTI DELLA TARGA

“Fermo! So io come utilizzarle” – disse al socio esterrefatto. E prima che Ducrot potesse replicare o domandare lumi, ritirò tutte le eliche difettate e le riciclò. Come? Ne fece eleganti paletti per delimitare ampi tratti del circuito della sua Targa. Curve e tornanti delle Madonie videro  rinascere a nuova vita quelle eliche malfatte e altrimenti destinate alla distruzione. Si erano rivelate inadatte per le macchine da guerra, ma utilissime come guard rail in una competizione che celebrava sportivamente l’ardimento di piloti automobilistici capaci di domare bolidi, per quei tempi, modernissimi.

LA FABBRICA TRA LE DUE GUERRE

Terminato il primo conflitto mondiale, la fabbrica palermitana di aerei avviò una nuova ristrutturazione e si riconvertì al settore civile. Per poi riprendere la produzione di aerei alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Ma questa è tutta un’altra storia.

 

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