C’è una Sicilia ebraica che dopo secoli torna protagonista. L’ultima scoperta è avvenuta a Siracusa, all’interno della chiesa di San Filippo Apostolo a Ortigia, dove sono state ritrovate tracce di un Miqweeh, una vasca rituale. La comunità ebraica e quella cattolica dibattono sul ritrovamento.

IL DIBATTITO

La prima sostiene che quello rinvenuto non sia il naturale bacino di raccolta dell’acqua usato per purificazioni rituali, mentre i cattolici sostengono che lì si trovasse una sinagoga. Cosa che rende possibile la presenza di una vasca destinata ai riti.

IL BAGNO RITUALE

Di certo sempre nella cittadina aretusea c’è un Miqweh unanimemente riconosciuto come tale ed è quello che si trova alla Giudecca, all’interno di un edificio privato adibito oggi a hotel.

LA SCOPERTA

Casuale la scoperta di questo bagno rituale. Durante i lavori di ristrutturazione di quest’edificio, situato nel quartiere più antico di Ortigia, si notò che accanto al cortile c’era una costruzione non accessibile. Bucato il muro, si scoprì una piccola stanza ricoperta di terra. Dopo averla ripulita, si intravide una scala e in fondo una sala con al centro  tre vasche e altre due stanzette attigue, dotate anch’esse di vasche. Le indagini consentirono di appurare che si tratta inequivocabilmente della testimonianza della vita degli ebrei nell’isola.

UNA STORIA LEGGENDARIA

Sino al ‘500 infatti in Sicilia viveva una fiorente comunità ebraica. Una leggenda racconta che dopo aver distrutto il Tempio di Gerusalemme, nel 70 d.C, Tito riempì tre navi di uomini e donne ebrei e li abbandonò al mare senza un capitano. Dio mandò una tempesta e le fece naufragare in tre regni: la prima a Genova, la seconda in Sicilia e la terza in Africa.

IL DOCUMENTO DEL PAPA

Anche la storiografia conferma la presenza ebraica in Sicilia. Nel 50 d.C. Papa Gregorio Magno ordinava al clero siciliano di restituire agli ebrei gli oggetti sacri che erano stati in precedenza requisiti. La comunità ebraica era ampiamente integrata con le altre popolazioni che abitavano nell’isola.

GLI EBREI A PALERMO

A Palermo la comunità ebraica abitava al di fuori del perimetro cittadino costituito dall’antica Paleopoli e Neapoli (Cassero), nella zona oggi compresa tra via Maqueda e via Roma.

DOVE ABITAVANO

Attraverso la porta di Ferro o porta Judaica comunicante con il Cassero, si accedeva al quartiere caratteristico per le abitazioni che si sviluppavano in altezza e per la presenza di un incavo nella porta d’ingresso, la gheniza, in cui si conservava un piccolo rotolo con un passo della Bibbia.

COSA RESTA

Superato l’arco della Meschita, lungo via dei Calderai a Palermo, si colgono tracce di questo passato lontano. Soprattutto sugli edifici che, nonostante le modifiche avvenute nei secoli, continuano a essere differenti da tutti quelli circostanti.

 

LA FUGA DALLA SICILIA

Tutto cambiò con l’editto emanato, prima della scoperta dell’America. Il 18 luglio 1492 dal re Ferdinando il Cattolico che impose agli ebrei siciliani di convertirsi al cattolicesimo o di abbandonare per sempre la Sicilia entro tre mesi, pena la morte.

LA SHOAH

Le leggi razziali e i rastrellamenti nazisti hanno colpito anche questa regione, Tanti siciliani di religione ebraica sono stati deportati nei campi di concentramento e solo pochi sono sopravvissuti.

IL PASSATO CHE RITORNA

Oggi la Sicilia riscopre questa pagina di storia dimenticata. A Siracusa da tempo sta rinascendo una comunità nelle stesse zone in cui secoli fa abitavano gli ebrei e anche a Palermo qualcosa si muove.

LA SINAGOGA A PALERMO

L’Arcivescovo Corrado Lorefice ha concesso alla Comunità Ebraica  l’Oratorio di S. Maria del Sabato. Una scelta non casuale dato che la chiesa si trova proprio nell’antico quartiere ebraico della Meschita, nel luogo dove sorgeva la sinagoga attiva fino al 1492.

 

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