Nel 2012 ho visitato le Petronas Tower di Kuala Lumpur, in Malesia. E mentre percorrevo gli oltre quattrocentocinquanta metri verso l’alto, mi sentivo un privilegiato. Da una delle trentaduemila finestre potevo vedere il cielo in faccia, alcune erano leggermente inclinate verso l’esterno, potevi poggiarti e poi avere sotto la pancia la crosta terrestre. Tutti quei puntini sotto di te che si muovevano isterici come se gli avessi calpestato il formicaio e quel senso di vuoto che ti strizzava dalla gola al sedere che ti faceva sentire costantemente in pericolo.
COSTANTEMENTE…
Costantemente in bilico, costantemente dubbioso della capacità del cemento armato di tenere in braccio te e le altre migliaia di persone attorno, nonostante la consapevolezza di essere a bordo di un’opera straordinaria dell’ingegneria umana. Magari non proprio le stesse, ma chissà, forse simili sensazioni le potrebbe avere provate Clemente Ravetto che cento anni fa, sponsorizzato dalla famiglia Florio si mise in volo a Mondello, a bordo di un pupo che dire precario fa sentire a tempo indeterminato i riders della pizzeria qua vicino.
L’AEROPLANINO DI CARTA
Librarsi nell’aria, leggeri, anzi ultraleggeri. Accendendo il motore, vedendo girare le eliche, stando in volo anche se con un’altezza di quaranta metri e poi percorrerne duecento senza avere la certezza di rimettere piede a terra, sano e salvo. Chissà che mixfeeling per Ravetto che cento anni fa vedeva quel Voisin di cartone come lo straordinario risultato dell’ingegno umano, come le Petronas. Eppure era un aeroplanino di quelli che si fanno con i fogli A4.
IL PIONIERE
Piemontese di nascita e palermitano di adozione. A piazza Caboto c’è anche un monumento a lui dedicato: “Pioniere dell’aviazione italiano, autore del primo volo in terra di Sicilia”. Il Voisin se lo fece mandare da Parigi. A Palermo ci arrivò smontato via linea ferrata e nei locali di via Catania fu assemblato prima di prendere il volo per quel tragitto che oltre cento anni fa avrebbe fatto la storia nostra e non solo. In effetti, pure a Boccadifalco hanno dedicato una strada a Clemente Ravetto e proprio dal piccolo aeroporto partono dei voli che coprono lo stesso tragitto. Non sono Voisin, ma Piper.
A BORDO DI UN PIPER
Se quello vecchio di un secolo, più che un aereo pareva il ricordo di una bicicletta tenuta insieme da fili e aste; l’aeroplano di oggi pur mantenendo la sua leggerezza, sembra un po’ più sicuro e questo lo dico per consolarmi. Sì, sto per salire a bordo. Il 2012 è lontano e voglio rivedere gli zigomi del cielo, pizzicargli le guance. Solo per romantici, solo per chi non è debole di cuore che ogni cambio del vento ti fa sbalzare e ti sembra di precipitare e poi no, sei ancora in equilibrio. Clemente Ravetto volò su Valdesi che era tutta campi perché conquistare il cielo era la cosa più importante.
“TUBI E TELA CERNIERATA”
“Fu un vero pioniere – dice Fabio Giannilivigni, presidente dell’Aero Club Palermo – fece quell’esperienza con un aereo veramente essenziale: tubi e tela cernierata”, il presidente ci affida al pilota Salvatore Garofalo che ci porta a spasso per ventisette minuti da Boccadifalco fino a Mondello e ritorno. La città dall’alto è diversa, cento anni differente rispetto a quella di Ravetto “che ricordiamo spesso perché fa parte delle radici dell’aeronautica, è un tesoro di Palermo, una via del cielo che non si può toccare ma che ci appartiene”, dice Giuseppe Lo Cicero, vice presidente dell’Aero Club Palermo. E io sento ronzare il Voisin, ma è il Piper. Vedo i campi, ma sono solo le cabine. Passo attraverso le Petronas Tower, ma è solo la mia vita vista dall’alto.
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