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Ramona Aloia, l’autrice

Cammino velocemente, avverto le gocce di sudore scivolarmi sulla fronte, sono in ritardo per andare a lavoro, come sempre d’altronde. Dopo pochi metri, mi sento già affaticata dal peso dello zaino sulle spalle, maledico quel cuscino che mi ha fatto dormire male, provo a massaggiarmi il collo teso e dolente. Passo tutte le mattine davanti alla sua casetta con la porta verde in legno quasi sempre socchiusa, la ritrovo puntualmente in strada intenta a fare qualcosa. Lei ha lo stesso sorriso, leggero e felice.

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Za’ Rusina ha novant’anni e non si lamenta mai. Ogni tanto la vedo camminare trascinando con quelle braccia magre e appuntite dei grossi sacchetti per la spesa. Ha un’andatura che mi ricorda una barca in balìa delle onde, si muove oscillando a destra e a sinistra, sembra voglia rompersi e invece no, non si rompe mai. Il suo corpo ha imparato ad adattarsi al trascorrere del tempo. La guardo avanzare piccolina e caparbia, lei non lo sa ma io l’ammiro tanto.

IL SALUTO DEGLI ANZIANI

“Buongiorno”, le dico anche se non ci conosciamo, ma con gli anziani non c’è bisogno di conoscersi, loro ricambiano il saluto senza guardarti strano, pensando che forse hai sbagliato persona. Magari poi ti chiedono: “ma ri cu si figghia?” solo per colmare la loro curiosità o per mettere alla prova la loro memoria. Za’ Rusina saluta chiunque le passi davanti, ti regala anche un bel sorriso e poi si accinge a stendere il bucato su delle cordicelle di fortuna. È sempre in giro intenta a fare qualcosa, nei suoi gesti scorgo il desiderio di fare, ho l’idea che quella donna non abbia mai conosciuto la noia in tutta la sua vita.

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za' rusina favignana 2ME LA IMMAGINO…

Vorrei fermarla e chiederle di raccontarmi un po’ della sua storia, perché sono sicura, lei ha avuto di certo una vita di quelle che vale la pena di essere raccontate, ma non oso farlo. Mi limito a immaginarla. A vent’anni, per esempio, magari sposata, con i capelli rossi raccolti dentro un foulard di seta, indaffarata tra le faccende domestiche e i capricci dei bimbi piccoli. Me la immagino preparare ogni giorno un piatto diverso da far gustare a suo marito. Mi sembra di sentire l’odore del sugo di agnello della domenica e il sapore dei cannoli alla ricotta. Poi la vedo seduta su una poltroncina a dondolo concentrata a fare la maglia, mentre i piccoli sonnecchiano nei loro lettini.

IN UNA BALERA DI FAVIGNANA

Una musica parte dalla radiolina poggiata sulla credenza in cucina, lei si alza per aumentare il volume. Doveva essere un’ottima ballerina, secondo me, deve aver conosciuto suo marito proprio così, una sera in una balera di Favignana. Quando ancora non esistevano i cellulari e ci si conosceva guardandosi negli occhi. Me la immagino nel suo vestito a fiori verde e bianco mentre sta seduta composta sorridendo leggermente a chi le si avvicina. Fin quando un giovanotto dall’aria scanzonata le chiede con gentilezza un ballo. Il baciamano è d’obbligo e lei lo lascia fare disinvolta.

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LA TONNARA FLORIOfavignana 3

A za’ Rusina sicuramente ricorda lo Stabilimento Florio e la Tonnara quando ancora erano in funzione, forse suo marito lavorava proprio lì, magari faceva il ronchiatore, il tagliatore di teste, anzi no, il tonnaroto. Ogni sera tornava con la pelle che odorava di pesce e qualche ruga disegnata in più dal sole. E mangiavano il tonno fresco di mattanza arrostito sulla piastra solo con un po’ di sale e qualche goccia di limone. Nell’angolo del salotto, su un piccolo piedistallo in legno c’è una scultura di calcarenite che raffigura un volto. È una statua du zu’ Sarino, grande artista suo compaesano. Di sicuro erano amici, anche lui amava ballare oltre a scolpire la pietra di Favignana. Lui che aveva fatto u pirriaturi, e che quelle cave le aveva scavate con le sue mani.

I PIRRERE

Di certo a za’ Rusina le ricorda i pirrere, le cave, quando si estraevano quei grandi blocchi di pietra, prima che diventassero hotel, chissà se ricorda Favignana imbiancata dalla polvere di calcarenite e con l’aria che odorava di pesce. Probabilmente si ricorda di Cala azzurra quando ancora c’era la sabbia, la sua terra con poche casette, il suo mare senza la plastica. Eppure, lo vedo, glielo leggo negli occhi, lei, la sua isola la ama ancora, così com’è. Anche dopo che lo Stabilimento Florio ha chiuso, anche dopo che le cave sono state abbandonate, anche dopo che la sua terra è stata invasa da centinaia di case, anche ora che il suo mare si sta riempiendo di plastica, anche ora che la mattanza sta rischiando di finire nel dimenticatoio, io, che queste cose non le ho viste, le vedo in lei, nel suo sorriso, nella sua energia. E allora capisco che Favignana non è solo il mare, la terra, il tonno, Favignana è i suoi abitanti, Favignana è a za’ Rusina.  favignana 4

Playlist: Pryntyl – Vinicio Capossela