“Ho un’età che mi rende nostalgico e logorroico: compro il latte di allevamenti che hanno animali al pascolo. Uso dire che quello che noi mangiamo ci avvicina ai nostri antenati, perché negli stessi terreni pascolavano le vacche di mio nonno e hanno trasformato quell’erba in latte. Oggi i miei clienti mangiano la stessa cosa che mangiavano i miei trisavoli. Posso asserire senza paura di essere smentito che in questo caso il cibo ci avvicina ai nostri antenati”. È questa la filosofia di Salvatore Passalacqua, casaro di Castronovo di Sicilia per vocazione. Pur venendo da una famiglia di panificatori, lui ha voluto uscire per forza fuori razza e si è messo a produrre formaggi.

LE PEZZATE ROSSE

Tutto cominciò da quattro vacche. Passalacqua acquistava e vendeva bestiame. In uno dei suoi viaggi comprò quattro pezzate rosse e le mise a pascolare nel suo terreno, in attesa di venderle. Col passare del tempo, però, non riusciva a

Fior di Garofalo tuma
Fior di Garofalo

immetterle sul mercato e le fece accoppiare. Nacquero dei vitellini, ma il latte prodotto da quelle mucche era troppo e Salvatore, da amante di prodotti caseari, decise di utilizzarlo per provare a fare il formaggio, diverso da quello tradizionale siciliano, di norma molto stagionato. Ne aveva visti e assaggiati tanti in giro nei suoi viaggi, soprattutto in Trentino, nel Veneto e nel Sud Tirolo. Le sue formine, una pasta molle simile al taleggio, le regalava agli amici e ai parenti. Fino a quando arrivò Vincenzo del Motel San Pietro. A lui, Passalacqua aveva regalato quattro forme di simil-taleggio. Quando i due si rividero, Vincenzo chiese ancora formaggio. Lo aveva aperto davanti ad alcuni clienti incuriositi da quella novità, nell’area food, ed era andato a ruba.

IL CASEIFICIO

Nacque così, nel 1987, l’idea di commercializzarlo col nome di Fior di Garofalo, in onore del terreno in contrada Garofali in cui pascolavano quelle quattro vacche, muse ispiratrici: “All’inizio c’era qualche perplessità sul formaggio a pasta molle – spiega Passalacqua -, qualcuno mi diceva “ma chi su sti cuose, fai formaggi seri”. Poi però in molti si sono avvicinati. Qualcuno è addirittura venuto per consigli su come realizzarlo”. Ma il pezzo forte della produzione doveva ancora arrivare. Lo spunto fu la chiamata dell’amico ricercatore agro-lattiero-caseario Roberto Rubino che in una delle sue ricerche all’Istituto Sperimentale di Torino aveva letto di un tipo di formaggio molto noto in Sicilia fino agli anni ’30. Nello scritto ritrovato c’era anche la tecnologia di produzione. Era prodotto in tutta l’isola, ma con nomi diversi: nel trapanese si chiamava cacio bufalo, a Messina cacio truc, mentre nella zona centrale della Sicilia prendeva il nome di tuma perduta. Una mattina del 2001, Passalacqua provò a seguire il consiglio dell’amico, seguendo pari pari le indicazioni di produzione e fece una decina di formine. La stagionatura avrebbe previsto 4 mesi di attesa, ma la tentazione di conoscerne il sapore era forte e dopo appena quattro mesi Salvatore lo assaggiò. Scoprì un formaggio speciale, eccezionale, mai gustato prima, che lo spinse ad investire su un caseificio più grande, che gli consentì di aumentare la produzione. La tuma persa – questo il nome che volle dargli – era stata ritrovata.

passalacqua formaggi tuma persa

LA TUMA PERSA

Il nome di questo straordinario formaggio è da attribuire al fatto che durante la lavorazione le forme vengono più volte abbandonate a se stesse. Ciò permette al formaggio di ricoprirsi di muffe che danno il caratteristico sapore. In Sicilia, il caseificio di Salvatore Passalacqua è l’unico a produrlo. Circa settemila forme all’anno, la maggior parte delle quali vengono distribuite in botteghe specializzate, negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Belgio, in Francia nel Nord Italia e nei migliori negozi di formaggio di tutta la Sicilia. A Palermo è possibile trovare la tuma persa da Armetta a Piazza San Lorenzo e da Prezzemolo e Vitale. Nel caseificio di Salvatore si producono anche altri tipi di formaggi, uno di questi è il Narangi, un’altra invenzione del fantasioso casaro: un canestrato aromatizzato con le scorze di arancia. E un canestrato classico col quale il caseificio ha vinto nel 2011 la medaglia d’oro al concorso nazionale “Trofeo San Lucio” che si è svolto a Pandino in provincia di Cremona.

LA FRANA

Una frana ha rischiato di far perdere nuovamente la tuma persa. Il cedimento della strada, in contrada Garofalo, che aveva interrotto, a novembre del 2018, l’unico collegamento che porta al caseificio di Passalacqua. Da allora mille promesse, mafrana castronovo di Sicilia nessun intervento risolutore. Solo una pezza da parte della protezione civile che ha reso fruibile la strada, ma con difficoltà. Servirebbe un ponte. Un danno che ha compromesso seriamente il lavoro del caseificio Passalacqua. Ma Salvatore non si è perso d’animo, anzi ha rilanciato. Con l’aiuto e il supporto delle sue due figlie, Maria Teresa e Francesca, anch’esse casare per vocazione, ha comprato un terreno a Castronovo di Sicilia, dove ha intenzione di aprire un caseificio ancora più grande e funzionale, per continuare la tradizione e per evitare che certe prelibatezze nostrane possano nuovamente andare perdute: “La strada della frana è stata resa praticabile ma il disagio resta. Sono state fatte ispezioni, indagini diagnostiche e geologiche ma non si muove nulla. Non c’è ad oggi nessun progetto esecutivo, anche se mi dicono che i soldi sono accantonati”.

UN NUOVO INVESTIMENTO

caseificio passalacqua“Abbiamo passato l’inverno in condizioni pessime e ne passeremo un altro forse peggiore – afferma Passalacqua -. Io e le mie figlie, visti anche i problemi di viabilità, abbiamo deciso di fare un investimento altrove e di aprire un nuovo caseificio, più grande e più funzionale. Ho comprato un terreno a Castronovo – racconta – in un posto di grande transito. In questo modo, in caso di interruzioni della viabilità, si dovranno subito adoperare per ripristinare la strada. In caso contrario bloccherebbero tutta la Sicilia. Inizieremo i lavori l’estate prossima. Il vecchio caseificio lo terremo per altre attività in cui non ci sarà la necessità di entrata e uscita di camion, un progetto che coinvolgerà le nuove generazioni – conclude -. Ma al momento preferisco mantenere la cosa top secret“.

PLAYLIST: Arrendermi mai – Renato Zero