Il couscous può davvero definirsi il prolungamento virtuale tra la Sicilia e l’Africa. Attenzione alla parola prolungamento, perché essa vuole descrivere il carattere di continuità che esiste tra le due terre. E’ risaputo che la straordinaria tradizione culinaria siciliana è frutto di contaminazione, un arrangiamento che rende davvero unica la sinfonia delle materie prime siciliane. Basti pensare alla pasta con le sarde po alla cassata per rinvenire tracce di usanze che fanno del cibo un vero e proprio trattato di etnoantropologia.

IL COUSCOUS ADOTTATO

Il couscous marca invece la sua diversità perché ha mantenuto intatta la sua origine. Ingredienti poveri, tanta sapienza di chi sa trasformare la materia prima, varianti limitate a pesce e carne nella sua forma primordiale. La Sicilia lo ha adottato e fatto suo proprio perché la sponda trapanese è  da decenni e decenni  territorio condiviso dalla gente di Tunisi e non solo. E la condivisione porta allo scambio e all’arricchimento.

IL FESTIVAL DI SAN VITO

San Vito Lo Capo dal 1998, attraverso il suo festival internazionale, ha fatto del couscous un vero e proprio brand. E in omaggio alla condivisione e alla contaminazione lo propone in infinite varianti in questa kermesse diventata punto di riferimento di gourmet e produttori e che segna la fine della stagione estiva. Un modo di rendere omaggio alla tradizione ed esaltare la creatività. Un perfetto esempio di marketing territoriale, grazie alla lungimiranza degli amministratori locali e all’abilità di Marcello Canzio Orlando e della sua agenzia Feedback.

CHEF A CONFRONTO

Chef da ogni parte del mondo si cimentano nella gara meno gara che si possa immaginare, perché tutti assaggiano tutto e i complimenti sono reciproci. Poi magari nel proprio intimo ciascuno sarà convinto di essere il depositario del segreto del couscous perfetto. Ma è la piccola bugia che ciascuno di noi si consente quando accende un fornello, che sia davvero uno chef o la sua sbiadita imitazione.

L’ESORDIO IN UN PIRTUSU

Da San Vito Lo Capo, diversi anni fa, è cominciata la carriera di Filippo La Mantia che chef lo è diventato sul campo partendo proprio da un pirtusu nel corso del paese. Dai panini alla grande cucina il passo è stato breve, perché La Mantia è uno cocciuto, che impara presto e che con il marketing di se stesso ci ha saputo fare. Buone frequentazioni e passione e la ricetta è servita.

VANITY FAIR

Da anni La Mantia è punto di riferimento di locali alla moda, ovviamente fuori dai sacri confini della Sicilia, terra però costantemente rievocata dall’uso sapiente degli ingredienti che caratterizzano i suoi piatti. Couscous compreso. E così a Vanity Fair ha svelato la sua interpretazione del couscous che suona come il manifesto della sua cucina.

I PESTI A CRUDO

“Il Couscous sta bene con tutto – ha raccontato La Mantia – e così proprio ai tempi di San Vito ho offerto ai turisti la possibilità di gustarlo con i pesti a crudo”. E’ stato questo l’inizio per una serie infinite di varianti che La Mantia propone nel suo ristorante di Milano. I suoi preferiti? E’ affezionato alla versione con pesto di agrumi e sarde fritte, perché il primo amore non si scorda mai. Ma occhio alle varianti di stagione: a maggio, nel suo menù lo troverete con passata di zucchina, mandorle tostate e trigliette fritte.

COME FARLO PERFETTO

Dall’alto della sua esperienza, La Mantia rivela anche qualche piccolo trucco per chi volesse cimentarsi in casa. “Non deve essere pieno d’acqua, asciutto ma morbido. La proporzione è un bicchiere di couscous e meno di un bicchiere di acqua calda. Il tocco in più lo garantiscono i profumi,  cioè le spezie o ingredienti come i capperi. E l’olio deve essere di ottima qualità”. Parola di uno che con il couscous ha conquistato palati di ogni parte del mondo.

ps a dar retta agli storici si potrebbe scrivere cuscus o cuscussù, oppure anche cous cous o addirittura seksu nella versione berbera. A Trapani, patria adottiva, lo chiamano cuscusu. Noi abbiamo optato per la versione arabo/francese, la più universale.

Playlist: Everybody wants to rule the world – Tears for fears