La tragedia da tempo nell’aria precipitò sulla città un lunedì qualunque. Non era affatto freddo e livido, quel lunedì, com’è conveniente nei casi in cui si debba riferire di una tragedia. Era anzi riscaldato da un sole timido e nostalgico.  25 novembre 1985. Ore 13,35. Via Libertà quasi Piazza Croci, a Palermo. Decine di ragazzini appena usciti dal Liceo Meli sono alla fermata in attesa degli autobus che li avrebbero riportati a casa.

LA SCORTA DI BORSELLINO E GUARNOTTA


I ragazzi sentono le solite sirene e vedono alla loro sinistra il solito corteo di auto avvicinarsi velocissimo. Era una visione ormai familiare; tante altre volte le avevano viste passare da lì, quelle auto. Stavolta però, qualcosa va storto. Giunte all’incrocio con Piazza Croci le tre auto (una blindata che trasportava Paolo Borsellino e Leonardo Guarnotta, allora entrambi giudici istruttori del Pool Antimafia, e due Alfetta dei Carabinieri di scorta) superano il semaforo bruciando il giallo. 

LA FOLLE CORSA

E’ a questo punto che, improvvisamente, la prima auto del corteo si trova di fronte una Fiat Uno. A quella velocità, impossibile evitare l’impatto. L’Alfetta travolge la Uno per poi planare su un’altra macchina ferma al semaforo e concludere la sua folle corsa nel più drammatico dei modi: sulla folla di ragazzini che attendevano l’autobus alla fermata.

GIUBBOTTI E SANGUE


E’ una carneficina: Biagio Siciliano, IV D, 15 anni, di Capaci, muore poco dopo il ricovero in ospedale; Giuditta Milella, III B, 17 anni, ricoverata in condizioni disperate muore una settimana dopo senza aver ripreso conoscenza. 26 i feriti rimasti sul marciapiedi in un delirio di libri scompaginati, zaini sventrati, giubbotti e sangue. Un girone dantesco di corpi e di occhi, di ragazzini sanguinanti che non ebbero neanche il tempo per capire cosa stesse accadendo.

VITTIME DI UNA GUERRA NON VOLUTA


Paolo Borsellino non si darà pace per giorni, continuerà a recarsi in ospedale a visitare i ragazzi feriti e a parlare con i loro familiari. Riuscirà a scuotersi solo parecchio tempo dopo, quando la madre di un ragazzo ancora in coma gli dirà che mai lo avrebbe ritenuto responsabile per quel terribile incidente, nemmeno se suo figlio fosse morto.
Accadeva trentaquattro anni fa. Ora alla fermata di Via Libertà quasi Piazza Croci una targa seminascosta dalle fronde ricorda Biagio e Giuditta, vittime innocenti di una guerra non voluta. Lì dov’era il Liceo Meli, invece, adesso c’è una banca.

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