Il padre era un appassionato di fotografia e un regista teatrale. È da lui che l’acese Rosario Patané ha ereditato l’amore per gli scatti. Di questa sua passione se n’è accorto durante un viaggio in Sila. Rosario ama la montagna e in quella sua avventura portò con se una macchina fotografica, immortalando dei paesaggi mozzafiato. Da quel momento in poi, con la scusa delle foto, scappava più spesso sulle sue amate cime, unendo scatti a impervie scalate.

LA STRADA

Le sue foto erano molto apprezzate, ma non riusciva a farsi largo come fotografo di matrimoni e mantenere uno studio era troppo costoso. Ecco che Rosario scelse la strada, vendendo foto di paesaggi alla gente che passava. Nacque tutto, quindi, per una questione pratica, un’esigenza. Ma a lungo andare quel tipo di vita a quel giovane cominciò a piacere. E tanto. Nei corsi di fotografia patané fotografoimparò la tecnica digitale ma anche quella analogica.

TECNICA ANTICA

Le macchine fotografiche a soffietto lo intrigavano non poco, perché con esse non bastava fare solo click, bisognava fissare l’istante. Ed è così che ha fatto una scelta incredibilmente originale e coraggiosa, tornando ad una tecnica che ha cominciato ad estinguersi già alla fine del secondo dopoguerra: “Digitale e analogico – spiega il fotografo – sono due cose totalmente diverse. La foto digitale nasce per velocizzare la comunicazione. Manca però la materia. La tecnica di fotografia che ho deciso di usare io, invece, è basata al 100% sulla materia. Metto un supporto fotosensibile, in questo caso la carta fotografica, e lavoro su di essa. La luce che entra impressiona l’immagine. È lei stessa che disegna la foto e non un sensore. Eseguire una foto con questo metodo – continua Patané – è molto più difficile rispetto, per esempio, alla pellicola che ti consente di apportare modifiche successive. Qui devo fare uno scatto perfetto, esattamente come l’ho visto con l’occhio della testa e del cuore”.

CAMERA OSCURA

patané fotografoRosario lo potete trovare ogni giorno a Palermo in via Maqueda, nei pressi dei Quattro Canti. Con se ha due macchine fotografiche a soffietto – una grande e una piccola – e una camera oscura portatile, all’interno della quale in meno di dieci minuti sviluppa alla perfezione le sue foto, che il più delle volte sono autentici capolavori. Con l’avvento delle nuove macchine digitali e degli smartphone “tuttofare”, anche la camera oscura è ormai preistoria. Ma Rosario, uno dei pochi temerari che resiste nel mantenere certe tecniche, ci tiene a tenere vivo il ricordo e ci racconta come funziona: “Ci sono delle vaschette che reagiscono con il supporto che metto dentro. Lo sviluppo – spiega – è ciò che farebbe naturalmente la luce del sole: trasforma i sali d’argento in argento ridotto. Nella seconda vaschetta – continua – si arresta il primo processo. Nella terza si fissa l’immagine togliendo tutti i sali  che non sono diventati argento. A quel punto – conclude – esce la foto”.

PALERMO NEL CUORE

Grazie al suo lavoro per strada, Rosario Patanè incontra ogni giorno centinaia di turisti, che restano a bocca aperta nel vederlo all’opera con quei soffietti che ormai si vedono solo nei musei o nei film. E lui, orgogliosamente, mostra a tutti le sue tecniche, i materiali che usa e i suoi lavori finiti. Ciò che stupisce sono i contrasti e la profondità dei contorni bianchi e neri, tirati fuori al primo scatto, senza successivi editing. Immagini rese ancora più preziose dalle opere d’arte di cui è ricca la zona di Palermo in cui il fotografo, nativo di Acireale, ha scelto di lavorare: “A portarmi a Palermo è stato il destino – racconta -. E mi sono subito innamorato. Non vorrei più andare via da qui. Gli affari si possono fare ovunque, ma Palermo la sento ormai come la mia città. Il carattere e la mentalità dei palermitani mi piacciono tantissimo. Sono persone estremamente allegre e interessanti e ho imparato tanto da loro. In queste strade regnano amore e magia. E poi qui tutte le culture del mondo convivono in maniera perfetta – conclude – arricchendo quello che per me è senza dubbio l’ombelico del mondo”.

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