Tutto è partito dai Black Sabbath e da Epicus Doomicus Metallicus dei Candlemass. Accordi distorti e stridenti che ne hanno esaltato l’anima. Così il giovane Tregor Russo, menfitano di nascita, ha scoperto le sonorità metal che poi avrebbero fatto parte della sua prestigiosa carriera di artista poliedrico. Un primo ascolto che lo ha strattonato e cambiato per sempre: il risveglio del Drago Rosso, traduzione normanna del suo nome Tregor Russo, artista internazionale e complesso che si immedesima anche in Leopardi e cerca di tirare fuori l’amore dalla solitudine. Il tormento di un enfant prodige che sente il peso della vita e lo traduce, con musica e liriche, in emozioni profonde. Una specie di catarsi greca, un rito magico di purificazione inteso come liberazione del corpo da ogni contaminazione.

IL DA VINCI DI MENFI

Tregor Russo 1
Tregor Russo

Nelle sue “corde” musica, libri e pittura. Un Da Vinci nostrano che non blinda la sua arte multiforme in continua espansione. “Sono appena tornato da uno spettacolo che ho trascinato per tutta l’Europa. Ho presentato anche il mio ultimo testo che parla proprio di catarsi. Devo anche registrare il nuovo album, per poi andare in tour in nord Italia …”. “Ah ottimo”, esclamo! Ma lui mi interrompe subito. “Aspetta, aspetta … c’è dell’altro. Ho due diplomi accademici, sono maestro di musica e nello specifico compositore, arrangiatore, polistrumentista e orchestratore“. “E basta …? Andiamo con ordine altrimenti mi confondo…”. “Sono anche scrittore professionista e poeta, ho pubblicato parecchi libri: quattro in totale, anzi cinque se consideriamo quello in uscita”. E non solo. Ha realizzato anche saggi teatrali e messo insieme band musicali.

INFATICABILE

Insomma Tregor non si ferma più ed è difficile stargli dietro. “Ho progetti da solista e diverse band. Anche fuori dalla nostra isola. Ero il compositore e il chitarrista solista degli Inner Shine di Firenze ad esempio e, nel 2001, ho fatto parte anche dei Nocturnus, quando erano in tour, band americana che suona progressive death metal. Genere che ascolto da quando ero in fasce”. Il Drago del rock, che di rosso ha la barba, ha anche rappresentato l’Italia a Milwaukee al Death Metal Fest davanti a ventiduemila persone. E ha solo quarantuno anni questo fenomeno, con oltre vent’anni anni di carriera artistica alle spalle.

UN UOMO DI SUCCESSO

Comunque, è indubbio che la prima arte di Tregor sia stata la musica. Prima ma non ultima. “Ero predisposto fin da piccolo. Soltanto dopo arriverà la scrittura”. A sei anni già a scuola; i primi esperimenti musicali nell’86; e le prime pubblicazioni scritte nel ’93. Mica male per uno nato nel ‘78. “Ho cominciato con la chitarra acustica, poi sono andato a scuola di musica e all‘Accademia Nazionale Lizard a Fiesole“. Un percorso che s’inizia con il progressive rock dei Pink Floyd, nel mito di The Wall, e che continua con il metal estremo. “I Dionysian sono stati uno dei miei primi progetti. Mi sono avvicinato al genere grazie al doom Metal di Ozzy e i ai Black Sabbat. Ho composto un album che ha venduto più di ventimila copie: Delirium e Madness che è uscito nel 2017. Il primo e.p. è stato invece stampato nel 2012, mentre The Mystery of Faith nel 2014″. All’interno di Tregor, esiste una catarsi costante, sinonimo di cambiamento, e insieme muta anche la sua musica. “A breve, uscirà l’album in cui darò un taglio netto con il passato. Ho deciso che non ci saranno contaminazioni doom metal, ma rimarrà il sound progressive impreziosito dal … folk!”. La follia di Tregor è contagiosa e incuriosisce. Come si lega la musica etnica al metal? “Non esistono categorie specifiche, vedrete cosa tirerò fuori”. Nella musica mediterranea in effetti coesistono tanti sottogeneri come la musica greca, tunisina o appunto siciliana.

L’UOMO DAL MULTIFORME …STRUMENTO

Qui non si scherza. Ricordo ancora quando per ben tre (lunghissime) settimane andai dal mio insegnante di chitarra che ancora grida vendetta. Infatti, è già tanto se riesco a riprodurre poco fedelmente le prime tre note di Smoke on the water. Lui invece da autodidatta di strumenti ne suona un’infinità. “Quelli principali sono elettrici, chitarra e basso, ma anche la batteria acustica. E vari strumenti particolari come il marranzano o lo zufolo. O addirittura arabi come il daf, un tamburello, e il darabouka, a percussione”. Ed io, il campanello… “Ora cerco un pubblico molto più ampio anche al di fuori di chi ascolta musica metal quindi la mia prossima etichetta sarà indie per far convivere molti più generi”.

LIBRI

Per l’artista arrivano nel periodo del liceo, è lì che Tregor comincia a scrivere senza smettere. “Amavo il decadentismo francese e il romanticismo italiano. Mi rivedevo, come carattere, nello struggente Foscolo o nel complesso Leopardi“. E’ un mondo, quello della sensibilità e della sofferenza, di cui Tregor non può fare a meno. Un exploit di emozioni che conduce ad un cambiamento intrinseco di personalità. “Sono estremamente tormentato. Tristezza, malinconia e solitudine diventano le mie muse ispiratrici. Elementi trattati, appunto, nel libro Catarsi Redentrice, pubblicato sia in Italia che all’estero. Un libro particolare che tratta i temi dell’era contemporanea come filosofia, spiritualità, psicanalisi e amore“. L’amore è proprio il sentimento più nobile alla base della catarsi. “L’amore è qualcosa di personale. Sapere ascoltare e comprendere diventa fondamentale. Come un fiore che deve essere coltivato ogni giorno”. Parole dolcissime di un ragazzo che si evolve costantemente. Che si trasforma. Muta. Quello stesso ragazzo, che tira fuori dalla chitarra riff violenti e sanguigni, è capace di riscrivere la sua anima con una penna. “Ho pubblicato aforismi, poesie, testi lunghi e pensieri che poi sono diventati elementi dei miei album musicali. Dal 2014 al 2017, ho creato tre libri antologici. Mentre l’anno scorso ho cominciato a trattare il tema dell’amore. Ma, nel mondo vedo troppa superficialità. E’ più l’apparire che l’essere. E tratto anche il mistero della fede, della resurrezione, filosofia, psicanalisi e molto altro”. Temi profondi e inquietanti. Difficili da trattare in una terra come la Sicilia. “Credo nell’amore e nell’uguaglianza. Per me il razzismo non dovrebbe esistere. Soprattutto a Palermo che è una città cosmopolita e pragmatica con tanti tipi di etnie. Invece, vivendo nel centro storico, ne sono sempre a contatto”.

 

di Alessandro Geraci

PLAYLIST: Black Sabbath – Paranoid