La storia di Lampedusa che si schiera con la Lega di Salvini è il tipico caso da salotto politico post voto. Come se l’isola tra le isole, terra di rara bellezza, avamposto di umanità, non potesse nello stesso tempo essere l’approdo dei migranti e schierarsi apertamente con chi di essi, almeno a parole, è nemico pubblico numero 1. Lampedusa, isola dell’accoglienza e della protesta civile, che in un Paese democratico si rivela anche e soprattutto dentro le urne.

LA TERRA PROMESSA

Si chiama libertà e Lampedusa ne ha fatto il pieno facendosi beffe di chi supponeva di piantare la bandiera di uno schieramento solo perché pescatori e isolani hanno da sempre aperto il cuore ancora prima che le menti e fatto spazio agli ultimi del mondo. Al fianco di Pietro Bartolo, ma anche in ordine sparso e senza guide carismatiche a scandire i tempi della compassione e della solidarietà. Lampedusa una volta era il rifugio della borghesia in vacanza, oggi è la terra promessa di un giorno e il punto di partenza di una nuova vita.

ANGELA, LA PRIMA LEGHISTA DELL’ISOLA

Non è la prima volta che Lampedusa diventa caso politico e anche allora – giusto 11 anni fa – c’era di mezzo la Lega. Angela Maraventano, vice sindaco con il gusto della provocazione, propose l’adesione alla provincia di Bergamo. Una maniera forte e chiara per rinnegare la politica siciliana rea di avere abbandonato l’isola al suo destino. I figliastri di Bossi la candidarono al Senato in Emilia Romagna e la fecero anche eleggere.

IDENTITA’ DISTRUTTA

Stavolta però è diverso perché per creare un nuovo caso gli isolani hanno scelto la via più diretta: bombardare le urne con il nome di Matteo Salvini. Realizzando a ben pensarci il paradosso dei paradossi, fare un’azione antistato premiando il partito che governa. Perché, badate bene, la rivolta democratica di Lampedusa non è contro gli sbarchi, piuttosto contro l’assenza delle Istituzioni che hanno distrutto con la loro inerzia l’identità dell’isola.

IL MANTELLO DELL’IPOCRISIA

E non hanno avuto remore a gridarlo con la forza della determinazione, quella che ti arriva quando sei convinto di subire un’ingiustizia. Tutto il resto è ipocrisia. Bella e buona ipocrisia, buona per i talk televisivi e per le analisi da quattro soldi. Si può essere d’accordo o meno, ma è opportuno salvaguardare la libertà dei lampedusani di esprimere il giusto dissenso, tenendoli alla larga dalle strumentalizzazioni, di Salvini e dei fans di Bartolo. Il mantello dell’ipocrisia da queste parti lo conosciamo bene, lo vediamo indossato persino nelle circostanze in cui il nostro essere terra di eroi è mortificato dalla coltre della finzione.

LA LIBERTA’ E IL 23 MAGGIO

È trascorsa appena una settimana dal 23 maggio e dalla commemorazione della morte di Falcone, tanto per capirsi. E le accuse di Fiammetta Borsellino sono tuoni perenni. Ma per carità, smettiamo di trattarli da santi, Giovanni e Paolo e ricordiamoli da uomini. Grandissimi, ma uomini. Solo  squarciando il mantello partendo dal punto più alto conquisteremo la libertà di poter pensare che i lampedusani non ne possono più. Ed essere liberi di pensarlo senza essere arruolati d’ufficio nelle SS. E che il voto alla Lega, cazzata o meno che sia, ha un significato che preciso e non può più essere ignorato.

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