Saranno stati un centinaio i lavoratori di Almaviva Contact presenti al presidio davanti i negozi ufficiali di Wind e Tim. Solo 100 dei 2700 dipendenti del call center di Palermo che rischiano di essere licenziati. Numeri che fanno un po’ impressione ma, a quanto pare, è finita la voglia di lottare – ci dice qualcuno presente a Palermo in via Libertà -. Stanchezza e rassegnazione. Un cartello in mano, piccolo, dove a malapena si legge un messaggio: La vita migliora? Ma dove? All’estero? Riporta il lavoro dei call center in Italia, #SiamoTuttiAlmaviva. Un messaggio inviato a chi? Forse nemmeno loro stessi lo sanno più, visto che si sono perse di vista anche le responsabilità di tutto ciò. lavoratori almaviva

GUERRA TRA POVERI

Chi è rimasto a casa attacca i colleghi e i sindacati che si sono recati al Presidio. “Davanti al centri tim? – scrive su un gruppo fb aziendale Simona Di Domenicantonio – Ma lo sapete che Almaviva e Tim hanno un accordo per la delocalizzazione? E che il traffico non è sparito misteriosamente, ma è stato semplicemente deviato con un click?”. Sarà proprio così? Sullo stare a casa è d’accordo Daniela Rosi, altra dipendente Almaviva: “Non è scendendo per strada che otteniamo qualcosa e questo sulla nostra pelle finalmente lo abbiamo capito”. Un gioco che permette ad un imprenditore di spremere 2700 persone fino a quando gli servono e di abbandonarle al loro destino quando non gli servono più.

LA BEFFA

Tripi, imprenditore romano proprietario di Almaviva, ha aperto call center in tutto il mondo e soprattutto nel nord est europeo. Per formare i lavoratori ha inviato, pensate un po’, dipendenti palermitani. Fece la stessa cosa con la sede di Roma, che da anni gestiva principalmente la commessa Trenitalia. Per formare i lavoratori di Palermo furono mandati in Sicilia tre formatori della capitale. Dopo pochi mesi la sede capitolina fu chiusa e 1666 dipendenti furono licenziati in tronco. Tra essi gli stessi formatori che erano appena tornati dalla Sicilia.

DELOCALIZZAZIONE SELVAGGIA

lavoratori almavivaL’imprenditore romano fa i suoi interessi, ma c’è chi glieli fa fare. I Governi che si sono succeduti non sono riusciti a fermare questa emorragia di lavoro che va via verso l’estero. E tra i presenti al Presidio qualcuno si domanda che cosa stia facendo Salvini per aiutarli: “Facile dire di chiudere i porti, facile pure fare propaganda politica dicendo il lavoro agli italiani. Ma il Ministro dell’Interno se n’è accorto che anche il nostro lavoro viene depredato dagli stranieri? Perché invece di chiudere i porti non chiude le chiamate verso l’estero? Per non parlare di Di Maio, Vice Premier, Ministro del Lavoro, dello Sviluppo Economico  e delle Politiche Sociali, che si è completamente dimenticato di noi”.

DATI SENSIBILI

Se qualcuno pensa che la delocalizzazione sia un problema solo per i lavoratori dei call center italiani si sbaglia. L’esternalizzazione del lavoro permette ai dipendenti di nazioni come Polonia, Albania, Romania – dove sono in vigore leggi e regolamenti diversi dai nostri – di accedere ai dati sensibili degli italiani, come numeri di telefono, documenti di identità, iban o carte di credito.

PRONTI I LICENZIAMENTI

2700 persone sono con il fiato sospeso. A luglio Almaviva ha annunciato che perderà il 70% delle chiamate su Tim e Wind (dove finirà il flusso delle chiamate? Negli altri call center di Tripi?, ndr) e che se dovesse essere questo l’andazzo dell’estate già a settembre preparerà le lettere di licenziamento. Un esubero che dovrebbe riguardare circa 1000 teste. Un gioco al massacro, che porterà soldi in Polonia e in Romania a dipendenti che, anche grazie a formatori italiani, sono adesso in grado – o quasi – di gestire le problematiche dei clienti.

PLAYLIST: Bum bum – Irene Grandi