Questa è la storia “ru zu Ginu” un uomo anziano che viveva ormai per due cose nella vita, quei pochi familiari rimasti e la sua fiat 128 bianca. In certi casi preferiva la sua automobile, rimessa a nuovo da Cottone – il suo carrozziere di fiducia – rispetto ai suoi stessi parenti, come per esempio sua sorella Matilde che gli aveva fatto uno sgarbo imperdonabile quando era morto il padre: lo stesso giorno del funerale, durante la notte, aveva fatto portare via tutti i mobili di famiglia per rifarsi l’arredamento. Gino andava fiero di quel pezzo di antiquariato e lo lucidava ogni mattina con l’immancabile piumino custodito nello spazioso portabagagli. Ad 80 anni i riflessi non erano più quelli di una volta e quell’auto non era più un mezzo di trasporto ma una reliquia da custodire e mostrare. E un modo per dire “ancuora ma firu a guidare”. Anche se certe volte il suo cervello se ne andava in panne e si perdeva: “Stannu canciannu tutti i strati – esclamava – Palermo non è più quella di una volta“.
UNA GIORNATA SPECIALE
Era una domenica speciale per Palermo quella del 30 maggio 1993: alla Favorita si giocava Palermo – Chieti. Una formalità per il club rosanero, già con due piedi in serie b. U zu Ginu era tifoso, ma il medico gli aveva impedito di andare allo stadio per via dell’ipertensione e delle aritmie cardiache di cui soffriva. Per fortuna, ad emozionarlo ancora ci pensava Guido Monastra, con le sue radiocronache brasiliane. Talvolta però si riuniva al bar sotto casa, dove con un gruppo di amici, tra un bicchiere di vino e una partita a scopone, seguiva Tutto il calcio minuto per minuto. Quel giorno il Palermo del presidente Giovanni Ferrara pareggiò 1 a 1 e tornò nel campionato cadetto.
LA FESTA
“Vado a fare un giretto al centro” – disse Gino alla figlia, che non seguendo il calcio non sapeva cosa avrebbe trovato il padre al Politeama. A Piazza Castelnuovo era stato montato un palco dove era prevista la presenza di artisti palermitani e l’arrivo dei calciatori, reduci da una stagione esaltante, fra tutti Luca Cecconi, un giocatore che veniva dal Catania e che per questo era stato accettato a fatica dai tifosi palermitani. Ma i suoi gol e la sua intelligenza tattica, le sue doti da leader dentro e fuori dal campo, avevano stregato in poco tempo tutti e i suoi trascorsi erano passati in cavalleria. Gino arrivò dalla via Libertà suonando il clacson, a tempo coi cori di un gruppetto di tifosi: “Chi non salta catanese è, è; chi non salta catanese è, è“. E su ogni “è” arrivava la tromba sorda di quella 128. “Zio, salta con noi” – gli gridò un tipo con la maglia rosanero a strisce, queste ultime rese curve dal suo pancione. E u zu Gino non si era tirato indietro. Rideva, entusiasta, si sentiva pienamente partecipe di quella festa.
SORRISI AMARI
Un sorriso stampato sul viso che diventò di ghiaccio, quando cinque-sei ragazzi salirono sul tetto della sua auto, continuando a cantare e a saltare. Una tela nera deve avergli offuscato la vista: la sua 128, quel gioiello di cui andava fiero, tenuto come nuovo, in breve tempo fu ridotto ad un rottame. Qualcuno dei presenti gridava: “Scinniti, unn’è giustu”, altri ridevano divertiti. Poi si intravide il pullman coi giocatori e la folla si spostò verso il palco. Perso nel vuoto, con l’espressione smorzata da mille perché, u zu Ginu svoltò a sinistra verso via Amari, quella strada il cui nome, per ironia della sorte, era l’aggettivo perfetto per i bocconi che aveva appena inghiottito. Da quel giorno nessuno lo vide più, nemmeno al bar. E, allo stesso modo, più nulla se ne seppe di quella sua fiat 128 bianca.
PLAYLIST: Vivo per lei – O.R.O.
Io c’ero e confermo quanto scritto