Il siciliano è un diversamente gentile o un diversamente cafone, guardando la questione da un altro punto di vista. Quello che per chiunque altro è un atto di galanteria o un evidente gesto di maleducazione, al di qua dello Stretto di Messina assume un’altra percezione e diventa un patto di sangue che lega per la vita o un’onta da lavare nel sangue. Perché da queste parti le mezze misure non sono ammesse, siamo incandescenti per natura e nelle vene il plasma ribolle come lava vulcanica.

CHE SONO? MALATO?

Un gran maleducato, anzi per la precisione un gran vastaso, è quello che chiede a qualcuno: “Lo gradisci?Posso dartene una porzione?”. In materia di cibo, le regole del galateo siculo sono chiare e domandare a qualcuno “Ne vuoi?”, imporrà come risposta “Ne vuoi si chiede ai malati”. Se l’interlocutore è di temperamento focoso, potrebbe persino rispondere con il sempiterno “Ma che minchia dici?”, accompagnato da una mimica facciale che testimoni lo stupore. Se volete essere gentili offrendo una pietanza a un siciliano, dovrete dirgli “A favorire”, per sentirvi rispondere “Grazie cucì”.

UN INSULTO GENTILE

Anche negli epiteti il siciliano si distingue rispetto a tutto il resto del mondo. Quello che altrove potrebbe essere percepito come un insulto, da queste parti è invece un complimento. Dire a qualcuno che è un “corna dure”, da Reggio Calabria in su implica l’aver messo in dubbio la fedeltà del suo o della sua partner, mentre in terra sicula è un elogio alla sua forza e alle sue indubbie doti caratteriali.  In fondo, nonostante questa sia stata la patria del delitto d’onore, anche il cornuto ha una sua dignità riconosciuta, perché le corna, se dure, si possono anche portare con orgoglio. Lo stesso metro si applica per il termine fango. Si può essere inaffidabili e pessimi quindi fanghi, ma si può essere anche un fango, in quanto talmente tanto furbo da essere camaleontico e adattabile a ogni contesto, incluso il peggiore.

LA MALEDUCAZIONE CORTESE

Nella terra dove nulla è quasi mai come appare, anche la maleducazione tranne quella sfacciata va percepita dai particolari. Il siciliano medio infatti appare come l’essere più gentile sulla faccia della terra, principalmente per la sua abilità nel mostrarsi capace di tutto. Chiedete a un abitante della Trinacria un favore o di presentarvi qualcuno. Se ha davvero sangue siculo nelle vene, la risposta al vostro quesito non potrà che essere immancabilmente: “E che problema c’è? Niente ci vuole”.

“E CHE CI VUOLE?”

Un siciliano vi dirà di potervi fare conoscere Sharon Stone con semplicità – “A Pantelleria affitta la casa accanto mia cugine, le piace assai come fa la caponata”, vi rassicurerà sulla concessione di un  mutuo multimilionario pur in assenza delle indispensabile garanzie richieste – “in quella banca ci lavora mio compare, praticamente comanda lui”.

IMPOSSIBLE IS NOTHING

Sulla carta tutto è possibile per un siciliano. La prima mossa, quella istintiva, è ostentare un’affabilità, una disponibilità e una competenza tali da stupire l’interlocutore, poi la tattica cambierà, si inizierà a prendere tempo, ad accampare scuse, a sparire se possibile. Starà all’interlocutore capire alla ventesima telefonata senza risposta, di aver assistito a uno spettacolo consueto da queste parti, quello dell’allargarsi,  ovvero il millantare ruoli, conoscenze, potere, soldi e prestigio inesistenti. Il siciliano infatti ti prende per i fondelli e ti percula ma con gentilezza tale che viene difficile arrabbiarsi. E sarebbe persino inutile perdere le staffe, perché tanto qui ogni controversia viene liquidata con “niente ci fu, pigliamoci il caffè”.

 

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