“Finché il telefono fu legato a un filo,  l’uomo rimase libero”. Non so chi abbia pronunciato questa frase che ho letto su internet, ma può essere eletta a motto da chi critica i drogati da cellulare, quelli che a ogni ora del giorno (ma spesso anche della notte), ovunque si trovino,  con chiunque siano in compagnia,  stanno attaccati al telefonino, allo smartphone. È così?

DIVENTARE SCHIAVO

Cioè,  al netto degli abusi,  che sono sempre deprecabili, è vero che l’uomo ha perso la sua libertà, in un processo di alienazione che lo ha fatto diventare schiavo,  dipendente, da uno strumento che doveva servirlo? Sarebbe facile unirsi al coro di chi parla male del cellulare, di chi ne scrive peste e corna,  magari usando un…cellulare.  Ma io non sono d’accordo.

IL TELEFONO FISSO

Ho l’età per ricordare il telefono fisso,  quello domestico e quello di strada, della cabina. E quella era la vera schiavitù. Inutile scrivere dell’utilità di uno strumento che puoi portare con te e con cui chiedere soccorso. O fare qualsiasi altra cosa,  persino giocare,  mentre si è in fila alle poste. Quando ero ragazzo io,  una ventina di anni fa, mica nella preistoria, se dovevi chiamare non avevi scelta: il telefono fisso.

TUTTO IN BIANCO E NERO

Se eri in casa,  tua o altrui,  era un conto,  se eri fuori,  poteva essere una caccia al tesoro. Ci fu un tempo in cui la TV era in bianco e nero e tutto il resto era grigio o grigioverde. Come il telefono di casa, ma anche quello delle cabine,  come gli autobus e persino le macchine della polizia. Tutto di quella sfumatura di verde smorto. Il telefono aveva la ruota coi buchi per i numeri e bisognava farla girare, mettendo il dito nel numero che si voleva fare,  di volta in volta.

SENZA PREFISSO

Sembra ozioso ricordarlo,  ma pare che i millennials non sappiano usarli. Per fare un numero ci voleva una vita! E non c’era nemmeno il prefisso per le chiamate urbane. Fare una telefonata era come donare il sangue: se si poteva evitare, era meglio e qualcuno, per evitare abusi, apponeva un piccolo lucchetto al disco del telefono. Fuori casa, l’impresa era trovare una cabina funzionante e libera. C’erano le file,  davanti alle cabine. Ci si doveva dotare di gettoni (i gettoni!) e,  quindi si poteva chiamare.

CHE PUZZA!

Mi sembra di sentire ancora il feto disgustoso di cornette sulle quali avevano alitato migliaia di persone, per non parlare di certe cabine di cui,  qualcuno,  aveva fatto un uso alternativo a quello normale. Poi,  venne il colore,  in TV,  sulle carrozzerie dei bus diventati rossi e bianchi, su quelle delle macchine della polizia,  divenute azzurre e bianche, e sui telefoni. Dove comparvero pure i tasti.

IL TRUCCO PER TELEFONARE GRATIS

Quelli di casa divennero bianchi e schiacciati,  con una mascherina grigia di cui si aprivano i tasti; quelli pubblici divennero arancioni e i gettoni furono sostituiti dalle monete e dalle schede. C’era un trucco per telefonare a sbafo con la scheda: un pezzettino di scotch sulla striscia magnetica e il gioco era fatto. Da militare,  ho risparmiato milioni di lire,  con questo escamotage truffaldino. Vabbe’, qualche decina di migliaia di lire, va bene così?

SIAMO LIBERI E ANCHE STUPIDI

Comunque,  duro’ poco, gli apparecchi continuavano a puzzare,  come le cabine che poi furono sostituite da quelle a forma di cupola e,  spesso,  vandalizzate. Per cui, telefonare dipendeva da troppe variabili. Ma,  certamente,  non eravamo più liberi. La privazione non è mai libertà, la possibilità di scegliere lo è. All’epoca dei telefoni col filo non si poteva scegliere,  oggi sì. Il fatto che scegliamo male non dipende dallo strumento,  ma dalla nostra stupidità.

Playlist – Telephone and rubber band – Pinguin Cafe Orchestra