Chi lo sa come si dipana il filo dei pensieri? Chi sa dirmi qual è il nesso che da una scintilla qualunque fa divampare la fiamma dei ricordi? Perché da uno spunto insignificante, un flash isolato nella memoria, comincia a scorrere la pellicola di un film che, vista la mia età, è in parte in bianco e nero e in parte a colori?

L’ODORE DELLA COCCOINA

Così, dalle immagini delle vecchie glorie del Palermo, scese in campo al Barbera con tanto di panza e capelli grigi, mi sono tornati in mente l’odore della coccoina, quella colla in barattolo che si spalmava col pennellino e che si sniffava con voluttà e il dolore ai palmi delle mani, alle nocche dei pollici. Ma che ne sanno i “duemila”

L’ALBUM DELLE FIGURINE

Che c’entrano dei giocatori imbolsiti con la colla da sniffare? È appunto quel gioco di rimandi che la nostra testa fa, aprendo i cassetti della memoria, senza chiedere il permesso. Ho ricordato Luca Toni e qualche altro eroe della promozione del 2004, del primo anno in Serie A del Palermo zampariniano, quando comprai l’album delle figurine, dopo almeno trent’anni dall’ultimo.

PINOCCHIO E SANDOKAN

Dovevo conservare i volti di quei calciatori, quelle figurine grandi coi colori rosanero. Il rimando successivo è stato alle raccolte di quando ero piccolo, agli album dei calciatori, di Pinocchio, di Sandokan. Erano anni “in bianco e nero”, i ’70, quelli della mia infanzia, in pantaloncini corti. I giocatori del Palermo erano ritratti due per ogni figurina, più lo scudetto e la foto della squadre, sei dietro in piedi e cinque davanti, accovacciati.

DELLA B SE NE PARLA IL LUNEDI’

Come tutti quelli delle squadre di Serie B, che la tv di stato, l’unica esistente, raccontava il lunedì pomeriggio, sul secondo canale. Quelle figurine si attaccavano all’album con la colla, perché non erano autoadesive e ogni album finiva per pesare cento chili, spesso come il volume di una enciclopedia, una enciclopedia sul calcio, sugli eroi di una epica leggendaria, mica di narrazione quotidiana e invadente come oggi. Le figurine erano più spesse, più pesanti di quelle più recenti.

IL BATTONE E LO PPA’

E c’erano, ovviamente, i doppioni. Uno status symbol. C’era chi camminava con mazzi di figurine come gli spalloni che portavano (portano?) fasci di banconote nelle valigie fino in Svizzera. Gli scudetti valevano venti, al cambio, le squadre dieci, ma dipendeva dalla “borsa”. Si scambiavano, ma soprattutto ci si giocava: al battone, allo ppa’ (si scrive così? Boh?), con le mani a coppo battute per far ribaltare le figurine.

IL POLLICE E LE SCIARRE

Naturalmente, io ero scarso. C’era chi faceva ribaltare anche cinquanta figurine, io non più di una ventina e il palmo della mano diventava rosso vermiglio, con il pollice che faceva un male cane. Che tempi, che sciarre, che divertimento. Chissà se i ragazzini, oggi, giocano ancora al battone.

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