Lo zio non è soltanto il fratello di mamma o papà. Non almeno in Sicilia. Io, per esempio, ho scoperto di recente di avere un nipote che fa il posteggiatore a Piazzale Ungheria.  E un altro nipote vende bibite e ghiaccioli allo stadio. Mi chiamano zio, con rispetto che mi illudo non sia finto. Sono zio per meriti acquisiti, perché ai loro occhi scatta la considerazione solo per il fatto che il destino mi ha fatto nascere nella culla giusta e nella parte meno sbagliata di Palermo.

GLI ADULTI CREANO PROBLEMI

E fin qui ci arrivo. Ma perché da bambino dovevo essere nipote di Pippo Taranto è cosa che mai mi è stata facile accettare. E la spiegazione di mia madre (“è zio per modo di dire”) non creava squarci nella consapevolezza che avanzava dentro la mia mente contorta di esserino: gli adulti non risolvono problemi. Anzi, li complicano.

NON GLI VOLEVO BENE

Madre, che significa per modo di dire? Io ai miei zii ero affezionato, mi sembravano – e giustamente, direi – il corredo che mi avrebbe accompagnato nel futuro. Io allo zio Pippo non volevo bene, con i suoi modi affettati mi dava quasi fastidio. E non capivo perché i giochi che facevano tutti i bambini, in ogni cortile della spiaggia di Mondello, dovessero interrompersi per la chiamata di quella voce che invadeva dall’alto la nostra esistenza balneare.

IL VECCHIETTO

Aveno 9 anni nel 1968 e lo zio Pippo già esisteva. E organizzava giochi magari imparati dai boy scout e distribuiva premi piuttosto inutili. Specie se paragonati alle mirabilie che vendeva il signor vecchietto di Mondello che occupava la panchina di fronte al bar Lido. E d’inverno il muretto del Don Bosco di via Sampolo. In quella valigia che portava non si sa come in una stravecchia Moto Morini rossa c’era roba da sogno. Piccoli giocattoli, caramelle mai viste altrove, Topolino e Alan Ford. E poi Satanik, Kriminal e Diabolik, primi tentativi di approccio alla sessualità. Bendetta Eva Kant, così per dire.

L’IMMUTABILE

Zio Pippo non doveva essere tanto anziano, visto che ancora oggi fa le sue belle performance e io ho quasi l’età della pensione. Ma era vecchio nei modi, ce lo consenta per l’affetto che oggi riserviamo alla sua figura, immutabile nel linguaggio e nelle movenze. Segno che la sua parte la interpretava alla grande, da vero zio. Uno zio giovane, del resto, non poteva essere contemplato.

E’ STATO UN GRANDE

Non mi piaceva allora, ma devo ammetterlo: è stato un grande. Nei 2 mesi di alta stagione a Mondello c’era da schiattare di caldo anche allora, quando non si parlava ancora di effetto serra. Noi in costume e lui sempre impeccabile, con i pantaloni eleganti, la camicia di lino e magari anche il foulard che sembrava il vero e proprio marchio di fabbrica. Disponibile con tutti i bambini ma con lo sguardo severo di chi trasmetteva distacco. Proprio come uno zio a cui devi dire sempre grazie e portare rispetto.

TRA MASTROTA E MAGO ZURLI’

A metà tra Giorgio Mastrota e il mago Zurlì, faceva sognare mamme e bambini, in modo eguale, perché la promozione dei suoi sponsor era missione sacra quanto far divertire i pupetti. Non ho mai vinto niente, figurarsi i premi dello zio Pippo. Castelli di sabbia non ho mai saputo farne, eredità della manualità zero di parte paterna. E rendermi ridicolo già da allora mi veniva difficile. Almeno volontariamente, così anticipo le battutine di chi mi vuole male.

IL CENTRO RADIO

I giochi di parole mi annoiavano, preferivo il pallone. Andavo al Centro Radio per fare contenti i cugini. Già, il Centro Radio, l’antro misterioso da dove partiva la voce che tutti sentivamo in quella mezz’ora in cui lo zio Pippo soppiantava il rumore di fondo dei cortili fatto di pianti bambineschi, urla di madri e musica di radioline a transistor.

LA CASA DEL PRESENTATORE

Il Centro Radio, talmente piccolo da risultare una non bottega, era piuttosto la casa del bravo presentatore delle estati di Mondello. Un grande contenitore in muratura dei premi quotidiani che restava chiuso a chiave per il resto della giornata. E che nessuno osò mai profanare, come se quel piccolo lucchetto fosse il sacro sigillo da venerare.

PIPPO IN TV

Pippo Taranto, per carità, sempre zio, ma ormai non per me che non ero più bambino, lo ritrovai anche in tv.  All’alba delle televisioni private allietava i pomeriggi dei piccoli palermitani, sempre elegantissimo e fuori moda. Sempre garbato e suadente, sempre zio. Partì da Trm, cioè dall’università televisiva locale, ma poi frequentò anche studi del tutto dimenticabili. Indimenticabile, invece, il suo applause, la parolina in inglese che riteneva chiave di modernità. E che, ovviamente, diventò un tormentone. Come l’allegria di Mike Bongiorno, come Appalermo di Matranga e Minafò, tanto per ritornare sulla terra e lasciare in pace Mike nel paradiso della tv.

IL REGNO DI MONDELLO

Ma la tv era un riempitivo, il suo regno era Mondello e il Centro Radio. Lì è riuscito nell’impresa di tutte le imprese, fermare il tempo. E oggi che molti di noi hanno conosciuto il mestiere di zio, magari potranno avere un pensiero più gentile nei confronti di quest’uomo che s’è accollato cotanta nipotanza. Io, per conto mio, mi tento il posteggiatore e il bibitaro, che è il nipote prediletto. E per favore, astenersi dalle battute.

Playlist: Il monolocale- Lucio Battisti