Il compleanno di Leoluca Orlando è una di quelle ricorrenze che ci fa riflettere sull’immutabilità delle cose. Sui 26mila e rotti giorni di vita ne ha vissuti  7mila da sindaco. Quasi il 25% della sua esistenza l’ha trascorsa indossando la fascia tricolore, combattendo con gli sgarbi della Democrazia Cristiana, ricevuti e poi restituiti con gli interessi. E facendo la guerra a Giulio Andreotti e Bettino Craxi, potentissimo binomio ai tempi della sua prima fase politica che potremmo definire quasi adolescenziale. Era già maggiorenne e vaccinato quandosi scagliava contro Salvo Lima e mandava beatamente a quel paese Ciriaco De Mita. E sceglieva il Pci – in Sicilia copia sbiadita dell’originale berlingueriano – nell’ottica del meno peggio. Rifiutando, però, la corte di Achille Occhetto che avrebbe voluto affidargli la guida della Cosa di sinistra.

IL CUORE A DESTRA

Perché di tutto si può dire ad Orlando meno che comunista. E il fatto che abbia il cuore a destra -ma per davvero, si chiama sindrome di Kartagener – è la metafora perfetta che racchiude la sua essenza libertaria e individualista e quindi poco propensa alla disciplina di partito. Tanto da averli sfasciati – o contribuito a farlo- tutti quelli che ha avuto la ventura di frequentare.

I NEMICI ECCELLENTI

Se un giorno su quattro Orlando è stato sindaco, il 100% della sua vita politica è stata caratterizzata dalla ricerca di nemici eccellenti in un panorama che si è aggiornato di anno in anno. Nemici scelti con cura e disincanto, persino tra ex compagni di merenda di quel grande calderone che per decenni è stata la Dc, al cui interno il diavolo di sovente teneva in mano l’acquasantiera.

SINDACO DI ROTTURA

Orlando è stato un sindaco di rottura e ciascuno dia al termine il significato che predilige. Nessuno però potrà negare che quando c’era da sporcarsi le mani Palermo s’è affidata a lui come alla santuzza, delegandogli speranze e sogni. E lasciandogli la camurria di una vita blindata, perché la mafia per davvero aveva deciso di farlo saltare per aria. Tanta roba per un ego smisurato, ma a quei sogni e a quelle speranze Orlando ha saputo davvero dare forma, già negli anni della cosiddetta Primavera.

ASCESA E DISCESA

E poi il plebiscito del 1993 e l’ennesimo bis che segnò forse il punto più alto delle sue sindacature e anche l’inizio della discesa. Perché per Orlando vale la regola di molte rock band. Io ho adorato i Pink Floyd, ma sino a The dark side, ho venerato Lucio Battisti, ma quello con Mogol e con Lucio Dalla mi fermerei a Come è profondo il mare. Il problema di tutti è cosa è accaduto dopo il successo e quasi mai è una bella storia.

QUESTIONE DI PALCHI

Diciamola tutta: la storia di Orlando è e sarà inimitabile. E’ stato sindaco di una stagione che non tornerà mai più, almeno si spera. E’ stato tanto altro dopo che ha smesso di rincorrere la banale routine quotidiana delegando ora ad Emilio Arcuri e molto spesso a Fabio Giambrone la missione cittadina. Più che sul palco della Kalsa si è trovato a suo agio  nelle arene internazionali. Ma finché il denaro ha consentito la gestione degli infiniti problemi di Palermo tutto è filato liscio.

IL CAPPELLAIO MATTO

Oggi la musica è diversa, le risorse sono poche e la squadra che lo circonda è inadeguata al momento storico.  Cantare e portare la croce a 72 anni non è agevole. Fare assoli su temi nazionali e internazionali per molti palermitani suona quasi come una provocazione davanti a emergenze irrisolte che si protraggono da mille e mille giorni. E’ sempre saldo sul trono, ma la popolarità dei giorni belli s’è squagliata. Abbiamo deciso di non rompergli le scatole nel giorno della sua nascita, preferendo festeggiare oggi il suo non compleanno, proprio nello stile del cappellaio matto. Un buon non compleanno per un non sindaco. Per molti, infatti, è qualcosa di più, per altri qualcosa di diverso da un sindaco. Del resto, divisivo lo è sempre stato. Tanti auguri e lunga vita.

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