La diversità, come la chiamano in tanti, è leggera come una piuma fin quando non riguarda la propria sfera personale, la propria vita.
Io l’ho sperimentata sulla mia pelle.
No, non sono gay. Sono eterosessuale e questo mi ha risparmiato una quantità industriale di quei “frociodimmerda” che altrimenti avrei dovuto subire. E probabilmente sarebbe comunque stata la cosa più gentile.
Ma sono diverso e l’ho vissuto sulla mia pelle.
No. Non sono neanche di colore. No, non sono uno “sporco negro”, un “vucumprà”, un “marocchino” o un “turco” e non ho viaggiato per settimane su barconi sui quali avrei potuto morire.
Ma sono diverso, diversissimo. E sì, l’ho vissuto sulla mia pelle.
No, non ho alcuna disabilità fisica o mentale (checchè se ne dica!). Non sono un “handicappato”, un “mongoloide” e non rompo i coglioni volendo scivoli e pedane che rubano spazio a quelli normali. Ma resto diverso, assolutamente diverso. E l’ho vissuto sulla mia pelle.
Sì, sulla mia pelle.
Ieri. In spiaggia.
Li sentivo addosso tutti gli sguardi della gente e di certo non era per quei miei chiletti di troppo ne’ per quella mia andatura non proprio da fotomodello.
Mi pungevano le loro lingue biforcute che sentivo parlare e sparlare di me e voltare lo sguardo per non seguire i loro labiali di certo non mi rasserenava. Anzi.
Li vedevo i curiosi girarmi intorno, scrutarmi, darsi di gomito indicandomi all’amico accanto sorridenti.
Li vedevo quegli occhi cercare i miei occhi. Chi per disprezzo, chi per compassione.
Ero io il diverso e l’ho vissuto sulla mia pelle.
E che minchia ci posso fare se non mi piacciono i tatuaggi?

PLAYLIST: LA TATUATA BELLA – TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI