È errore comune quando si parla di inquisizione far confluire nel termine, in maniera omogenea, tutte le forme di persecuzione nei confronti di eretici e infedeli. A sovrapporsi in particolare due realtà storiche diverse ovvero il Tribunale dello Stato Pontificio  e quello della Corona Spagnola, che ebbe nella Sicilia uno dei poli più importanti nell’esercizio della funzione inquisitoria. Una pubblicazione uscita di recente ci spiega il ruolo avuto dall’Isola nel mantenimento del potere spagnolo in età moderna.

L’INIZIATIVA EDITORIALE

Pubblicato dall’Istituto Poligrafico Europeo, il libro “Contra Haereticos” racconta vicende, funzionamento e ruolo avuto dal Tribunale dell’Inquisizione in Sicilia dalla fine del ‘400 al 1782. Il libro è stato scritto da Valeria La Motta, ricercatrice dell’Università di Palermo e rappresenta il culmine di un percorso formativo: “L’idea – spiega La Motta – nasce in seguito agli studi intrapresi negli anni di Scienze Politiche  con la professoressa Maria Sofia Messana, che studiava le carceri dell’inquisizione dello Steri, dove ci siamo recati spesso. Da lì assieme anche alla titolare di cattedra di Storia Moderna, Giovanna Fiume, è nata una collaborazione con l’idea di ricostruire questa storia. Sono andata in Spagna e in particolare a Madrid, dove si trova l’archivio storico con i documenti relativi all’Inquisizione Siciliana. Dopo lo studio di documenti poco noti, ho pubblicato la tesi di dottorato a Messina nel 2015, poi confluita in questo libro”.

UNO STRUMENTO POLITICO

Mentre l’Inquisizione dello Stato Pontificio mirava alla pura salvaguardia della dottrina cattolica,  quella spagnola aveva un raggio d’azione più ampio. La Sicilia era l’epicentro di una reticolare attività di sorveglianza:  “Il tribunale siciliano – prosegue – era un tribunale distrettuale dell’ampio sistema inquisitoriale spagnolo. E’  stato un distretto importatissimo  in quanto regno più grande e tra i più antichi della corona Aragonese. Il ruolo principale fu di presidio del potere spagnolo nel Mediterraneo. Il compito era quello di controllare tutto il dissenso politico e religioso nei confronti della Corona. L’Inquisizione Siciliana doveva anche supplire alla mancanza di un tribunale a Napoli dove la Monarchia spagnola non riuscì a stabilirne uno.  Anche per questo doveva essere doppiamente rigida e severa e lo fu in particolare nel perseguire i cosiddetti rinnegati, ovvero quelli che si convertivano all’Islam. Fu dunque uno strumento politico”.

LA SICILIA COME MODELLO

Per la Corona Spagnola l’Inquisizione era dunque il più potente degli strumenti da utilizzare nell’esercizio di un potere dalla connotazione temporale, alla stregua di quello detenuto dai Papi: “La fondazione dell’Inquisizione – continua La Motta – è necessariamente collegata alla strategia dei sovrani spagnoli di mantenimento del controllo. Va dunque letto alla luce di una politica internazionale più ampia. L’idea che sostengo nel libro è che proprio dalla Sicilia nasce il concetto di tribunale come diretta emanazione del volere del Re e non del Papa. Già dai tempi di Federico II di Svevia c’era la Legatia Apostolica, che conferiva alla figura del monarca prerogative legate alle questioni di fede. Questo modello siciliano ha ispirato i sovrani spagnoli per creare un’istituzione ecclesiastica a servizio del potere”.

PER CAPIRE IL NOSTRO TEMPO

L’Inquisizione Spagnola rappresenta uno dei tanti capitoli della caleidoscopica e travagliata storia della Sicilia. Al di là dell’aspetto meramente culturale, che non guasta mai, conoscerne i dettagli, può essere utile per acquisire chiavi di lettura per il presente: “In primis significa conoscere una parte importante della nostra storia. La storia della Sicilia è quella di un’isola esposta a continui contatti con l’esterno. Conoscere l’Inquisizione significa capire come all’epoca i governanti cercassero di controllare movimenti e infiltrazioni da parte di culture con cui erano in conflitto. Probabilmente ci aiuta a capire le dinamiche storico-sociali del nostro tempo o quantomeno a sapere che in passato sono purtroppo successe cose come quelle che si ascoltano oggi”.

 

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