Aveva sei anni quando una bottiglia di acetilene gli scoppiò in pieno volto. Un incidente domestico che cambiò drammaticamente e drasticamente la vita di Paolo Bonini, un super tifoso del Palermo davvero particolare. Era il 1956 e il protagonista della nostra storia doveva cominciare la prima elementare. Ma quell’esplosione a Paolo riecheggiava fin dentro l’anima, un perenne stato di stordimento che gli impediva di imparare a leggere e a scrivere.

IL COLLEGIO

Uno psichiatra di Via Roma a Palermo, disse che si trattava di un ritardo mentale, forse dovuto al trauma, e consigliò un collegio che si trovava a Nocera Inferiore. Un’altra sofferenza per quel bimbo, che all’età di 10 anni dovette lasciare suo padre, sua madre e i suoi fratelli, per trasferirsi in provincia di Salerno, per frequentare una scuola adatta a giovani con ritardi psichici: “I miei genitori mi venivano a trovare all’incirca una volta l’anno – racconta Paolo Bonini -. C’erano pochi soldi e Nocera era lontana da raggiungere. In pochi anni imparai però a leggere e a scrivere e dalla prima alla quinta elementare fui promosso ogni anno “.

L’INTER E IL PALERMO

Bonini aveva due grandi amori: l’Inter del Paolo Boninitecnico Herrera, col suo famoso catenaccio, applicato alla perfezione da Burgnich, Facchetti, Guarneri e Picchi, e il Palermo, che in quegli anni era di proprietà di Casimiro Vizzini. Erano gli anni del granitico De Bellis, del portiere Anzolin, di Benedetti, Malavasi, di Ghito Vernazza e del tecnico Cesto Vycpalek, zio di Zeman. E dello stesso Burgnich, che nel ’62 lasciò i rosanero per approdare all’Inter e alla Nazionale. “Un giorno, dal collegio, scrissi una lettera a La Roccia per dirgli che tifavo Inter e Palermo e che lui era un mio grande idolo. Burgnich mi inviò il completino dei nerazzurri. Avevo già 14 anni ed era il 1964 – spiega Paolo – e le partite a quei tempi si sentivano alla radio, a Tutto il calcio minuto per minuto. Il Palermo saliva e scendeva, regalandoci ogni tanto dispiaceri ma anche qualche gioia; mentre l’Inter saliva in quegli anni sul tetto d’Europa e vinceva scudetti. Altri tempi”.

LA RADIAZIONE DELL’86

Ha vissuto la radiazione dell’86 Bonini, un’onta per la città di Palermo, che lasciò il capoluogo siciliano orfano del calcio per un anno e lo costrinse a ripartire dagli inferi. Una storia che sembra paolo boniniripetersi, a più di 30 anni di distanza, dopo una parentesi rosa che ha portato il grande calcio a Palermo: “È inaccettabile – dice Paolo – non può essere vero. Qualcuno deve intervenire, non può finire così perché noi tifosi palermitani non lo meritiamo”.

LA NASCITA DELL’URLO

L’entusiasmo dell’era Zamparini fece scattare un tarlo nella mente di Bonini, che da anni urla a tutti il suo amore. Quando grida a squarciagola il suo Forza Palermo sembra quasi che voglia buttare fuori tutta la sofferenza provocata da quella maledetta bottiglietta di acetilene. Al petto porta spesso una maglietta storica, risalente agli anni ’80, che il mitico Totò Lopez decise di regalargli. Poi i pantaloncini di Simplicio, con cui si incontrava alla locanda rosanero, un locale che oggi non esiste più, frequentato da tanti calciatori e tifosi del Palermo. Al braccio ha un polsino asciugasudore con il logo del club, in testa un cappellino rosanero e sulle spalle un bandierone del Palermo degli anni ’90, usato come mantello. Super Paolo Bonini, soprattutto quando alla fine di ogni partita vinta, correva sotto la tribuna stampa per urlare la sua gioia, proprio mentre parlavano allenatori e giocatori, che tra un sorriso e l’altro finivano sempre per far chiudere le finestre.

IL PULMINO ROSANERO

Per anni Paolo lo trovavi al pulmanino rosanero, un altro pezzo di storia che oggi non c’è più: “Lo fecero togliere nel ’90 perché si dovevano giocare i mondiali a Palermo – racconta Bonini -. A quanto ci hanno detto non era sicuro. Per molti tifosi però era un punto di riferimento. Passavamo intere giornate lì a parlare della nostra squadra del cuore. Ci stanno togliendo tutto – afferma indignato -. Oggi, dopo 30 anni, rischiamo perfino di rimanere di nuovo senza calcio”.

LA FEDE NON HA CATEGORIA

Ma io – chiosa Paolo – non abbandonerò mai la mia passione per il Palermo. Da qualche anno urlo tutto il mio amore perché voglio essere ricordato così quando non ci sarò più, come un grande tifoso che non si è mai risparmiato per i colori della sua squadra del cuore. In A, in B, in C, in D, io e la mia voce ci saremo sempre. Forzaaaaaa Paleeeeeeermooooooo. Papparapappa  pa pa“.

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