Partite di calcio frenetiche. Ginocchia sbucciate e frasi ingiuriose. Un incontro rimasto nella leggenda tra infermieri dell’ex manicomio in via La Loggia e outsiders della Bruno C. Erano gli anni ’80, e, un anno prima di Fuga per la Vittoria, film diretto da John Huston nel 1981, c’era un terreno dove oggi sorge il Calcio Sicilia. Non tutti sanno che in quel campo da calcio, a tratti paludoso, s’è vissuta una favola unica attraverso giocate impossibili, dribbling fuori di testa e corse frenetiche verso la porta avversaria. E tutto per riscattare l’onore dei pazienti.

IL FILM

Nella pellicola di Huston, un gruppo di prigionieri britannici si ritrova coinvolto, suo malgrado, in un match di calcio, giocato all’ultimo sangue contro i carcerieri nazisti. La sfida diventerà un’occasione per lasciare il campo di prigionia. Siamo nel 1942, nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale. Il capitano John Colby incontra Von Steiner, maggiore nazista con un passato da calciatore. I due si conoscono, si guardano negli occhi, si sfidano silenti e mettono da parte la politica per far parlare il campo. Alla fine vincerà il gioco con gli inglesi che abbandoneranno (momentaneamente) i piani di fuga in favore di un glorioso recupero al 90’esimo minuto. Come nelle più belle partite di Champions. Momento clou del lungometraggio quando tutti gli altri prigionieri della struttura incitano gli alleati cantando la Marsigliese. Da brividi.

LA FORMAZIONE DE “LA BRUNO”

Quella che si allenava al Pisani, era una squadra di valore. Scappati di casa? Mica tanto. Si giocava rigorosamente a zona. In porta, Vincenzo Campisi detto Anna perché cantava Lucio Battisti o Marcello Funcia, attore del film Mery per Sempre, che morì giovane in un incidente stradale, entrambi protagonisti di quelle sfide serali tra scapoli e ammogliati di classe. In difesa, a destra Boniek, basso ma imprendibile, a sinistra Brucia. Nel ruolo di libero con il soprannome Baresi il giornalista Monastra, a supporto l’altro centrale era Bellomonte. Sull’out di destra un’altra penna nota, Salvatore Geraci. A sinistra lo scatto (ne è sempre stato un maestro) del fotografo Ino Lo Biundo che aveva i capelli come Rocheteau. A centrocampo: Perez, Fontana, che un paio di birre prima della partita se le bevevano, e Mancino, ex giocatore professionista dalla Kalsa. In avanti il fortissimo cowboy Martinez o il medico Matracia. Poi c’era l’arma segreta: un giovane di origini africane che veniva raccattato a casa e pagato dagli stessi membri della formazione con pasti caldi e regalini. Ci stava. Era nei patti.

BRUNO C

IL MANICOMIO

Con le particolari persone ospitate dalla struttura si crea subito un’intesa familiare, una sorta di amicizia profonda. Stavano a bordo campo ad osservare innamorati le azioni di gioco nei pochi momenti di libertà e la squadra li coinvolgeva negli allenamenti. Da quel momento i malati raccontano ogni tipo di storia che li riguarda. Vite diverse e, a volte, agghiaccianti.

IL PROFESSORE E IL CORTO

Dal cosiddetto Professore che tutto sembrava tranne che un matto quando ti accoglieva con i suoi modi precisi, educati e gentili. Al Cuitto (il corto) che correva più veloce di tutti … ma spesso senza pallone. Dal triste Giuseppe sugli spalti che aspettava una fantomatica famiglia che non è mai arrivata, a Raimondo che sosteneva di essere sposato da ben dieci anni, ma non era vero.

ROBA DA PAZZI

Con questi personaggi si scattavano foto per immortalare momenti sportivi di condivisione e guai se nello scatto non era presente un pallone. I degenti facevano come … i pazzi! “Come mai non c’è la palla? Dov’è? Noi abbiamo giocato!“. Gridavano da star stizzite. Senza ricordare che quelle erano semplici foto standard scattate nel pre-match, in pose statiche stile formazione, un modo per farli sentire parte integrante del gruppo.

I GOL IMPOSSIBILI

Ma loro avevano impressa nella mente ogni azione, le sfide a chi tirava meglio i rigori e i gol segnati da posizioni impossibili. E volevano riviverla. Le foto semplici non piacevano, meglio quelle del gol di testa o del fallo. Un po’ difficile. Non c’erano gli smartphone come oggi.

UN GIORNO DI ORDINARIA FOLLIA

Tra i racconti dei degenti, molti riguardavano gli infermieri. Li odiavano. “Ce ne fanno di tutti i colori” o “Non ci fanno stare con le donne” esclamavano gli ospiti della struttura che con le donne potevano scambiare solo messaggi dalle grate e dai cancelli. Così un giorno mentre la squadra svolgeva la solita preparazione, arrivarono tutti in coro con una richiesta. “Giocate contro di loro e batteteli per piacere!”.

LA PARTITA DELLA VENDETTAIno lo Biundo

Un momento di riflessione, poi la decisione: “La partita si farà”. L’undici dei sogni avrebbe sfidato gli infermieri di via La Loggia. Nel giorno del match, il delirio. Gli spalti stracolmi, tra pazienti che gridavano vendetta, parenti degli infermieri pronti a supportare e amici degli amici mossi da curiosità. Le frasi urlate ai loro aguzzini, però, non possono essere riportate in queste pagine… . Un incontro senza esclusione di colpi. Con gli amici matti che esultano ad ogni colpo inferto agli operatori sanitari. Colby vs Von Steiner 2.0. Non c’era partita. La Bruno C era inarrestabile, forse perché mossa da spirito di vendetta. Al fischio finale un boato di festeggiamenti. Finisce due a zero. Una sacrosanta vittoria di Colby.

Playlist: De Andrè – Un Matto