Se fosse accaduta in America ne avrebbero certamente fatto un film come quello della storia di Steve Jobs o di McDonald’s, solo che è quella di Giglio e siamo in Sicilia. Anche se in effetti è ormai un marchio conosciuto pure a Tokyo ed è proprio questo il punto, il motivo di tale successo lo si deve proprio a una visione, quella di Giuseppe, l’ultimo della famiglia Giglio. Che poi sono proprio visioni di questo tipo che fanno i bei film.

SINCE 1996

Nel 1996 Giuseppe aveva circa ventisette anni. Il papà che aveva costruito un impero, lo aveva messo alla cassa, proprio dove il figlio non voleva stare. Giovane e dinamico voleva costruire dell’altro, voleva lasciare il suo segno, ma era ovvio che nella testa di suo padre quello doveva essere il periodo da impiegare per farsi le ossa, capire, osservare come trattare il cliente, come gestire un punto vendita di livello, plasmare la propria esistenza sul concetto che davvero il cliente ha sempre ragione.

FUGA DALLA CASSA

Resistette fino a un certo punto, poi Giuseppe ebbe un’idea, rivoluzionaria per quel periodo degli anni ’90, quando Google era solo in beta, si navigava su internet attraverso Mosaic, non c’erano né PayPal né Amazon e per connettersi ci voleva il filo. Insomma, preistoria. Per farla breve: il giovane Giglio fotografa scarpe, borse, cinture, vestiti e li mette in rete provando a creare un e-commerce antetempo.

LA VISIONE, L’INCOSCIENZAgiglio

“Il vero visionario è stato mio padre – racconta – perché mi lasciava fare e ogni tanto mi tirava le orecchie dicendomi che quando avevo finito di giocare, potevo tornare in negozio dove c’era la fila e avevano bisogno di me”. Già perché per la generazione precedente il negozio fisico era la certificazione di uno status commerciale, il ribadire la propria presenza sul territorio e di conseguenza avere il figlio alla cassa era dimostrare che la strada sarebbe continuata verso quella direzione: “Era complesso comprendere l’e-commerce, senza immaginare il confronto diretto con il cliente per chi aveva investito una vita nella vendita frontale”.

CHE SIGNIFICA ONLINE?

Come fu o come non fu, l’esperimento prese corpo: “Creai un codice di primo livello, un vero e proprio sito internet che mostrava cosa avevamo in vetrina e arrivarono le prime difficoltà perché per ovviare ai pagamenti online scrissi a Servizi Interbancari (che allora era il gestore del marchio Visa in Italia) e ci risposero con un fax con scritto che non comprendevano cosa significasse online”.

RITORNO AL FUTURO

E certo, perché Giuseppe veniva dal futuro e forse anche per questo oggi si trova a gestire un open-space megagalattico ai magazzini Sandron con postazioni per il monitoraggio delle recensioni in tempo reale, schermi giganti che proiettano richieste provenienti da tutti i cinque i continenti e uomini e donne che lavorano senza fermarsi in sala shooting e in sala spedizioni per fotografare, mettere online, imballare e spedire almeno tre volte al giorno, almeno quattrocento prodotti alla volta, una fila di camion che entrano ed escono dai magazzini per un via vai che neanche Wall Street.

I COMPLIMENTI DEL FINANCIAL TIMES

L’evidenza ha dato ragione a Giuseppe. Ed è forse per questo che il Financial Times per il terzo triennio consecutivo ha selezionato la sua azienda fra quelle in crescita in tutto il globo: “Spediamo in Giappone, in Croazia, negli Stati Uniti, in Russia – racconta – tutto in quarantotto ore e sarà paradossale, ma impieghiamo meno tempo per raggiungere Tokyo che Cagliari”. E allora facciamolo un film sulla famiglia Giglio, raccontiamo dell’impresa di rendere Palermo il centro del mondo senza mai decentrarsi. Raccontiamo di come è falso quel detto che dice: i nonni costruiscono, i padri mantengono e i figli distruggono.

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