“Minchia, ma come ne sono uscito vivo?” è ormai una frase-intercalare per Igor d’India che al cappello di esploratore di inizio novecento ha preferito un semplice berretto con visiera, appena sopra gli occhi furbi e curiosi di uno che di farsi gli affari suoi non ne vuole sapere proprio. È più forte di lui, viene a conoscenza di terre lontane ed è già lì, in condizioni critiche non alla ricerca dell’arca perduta, ma di storie stupende da raccontare.

L’UOMO SENZA CAMPO

Sempre disponibile, ma al telefono la linea con lui cade sempre perché non è detto che ci sia campo lì dove si trova. Non hanno il 4G sui kayak, fra le rapide del fiume Yukon, in Canada. Igor è un film-maker freelance e si guadagna da vivere realizzando video per aziende e sportivi che lavorano appunto in ambienti difficili: “Lo scorso febbraio per esempio ho attraversato in canoa parte della Wilderness Waterway, in Florida”, me lo racconta con la stessa serenità di quando racconto del mio cane, capace perfino di scodinzolare a comando. Adesso sta lavorando alla distribuzione di The Raftmakers: “Uno dei lavori più lunghi e faticosi della mia vita”. Zattere improvvisate realizzate con materiali di fortuna e chilometri di fiumi con l’obiettivo di scoprire il legame atavico fra uomo e fiume.

AVVENTURA E NATURA

Avventura e ambiente sono un binomio imprescindibile per Igor D’India: “Giro da solo e con poche risorse – racconta – serve tempo per capire il mondo in cui ci si intrufola. Le problematiche ambientali vengono subito fuori se si è onesti nel racconto”. Ed ecco perché a Palermo lo conoscono come quello dell’Oreto: “Sono solo uno che ha acceso la luce su un problema serio e che sta cercando il modo di fare intervenire chi di dovere”. Il fiume palermitano è arrivato secondo al censimento FAI sui luoghi da non dimenticare: dai papiri agli oleandri, dagli aironi rossi al martin pescatore fino ai cumuli di detriti abbandonati lungo il suo corso. Il podio ha riacceso l’attenzione, ma Igor è chiaro: “il fiume non si bonifica da solo. È necessario un miracolo culturale perché se passerà questo treno di entusiasmo, senza fermarsi alla stazione dei fatti, il prossimo potrebbe passare fra cento anni”.

IL VIDEOMAKER ON THE ROAD

La lista delle imprese di Igor è davvero lunga e fra queste anche alcune zone di guerra dove il videomaker ammette la sua debolezza: “Quando ho girato Le finestre di Beslan vicino alla Cecenia ho avuto la percezione di cosa si intenda per anime distrutte e lì forse non ci tornerei neanche pagato, perché non credo di essere tagliato per raccontare quel tipo di storie – continua – anche quando sono andato in Afghanistan, durante il Mongol Rally, un paese splendido ma abitato da fantasmi”.

DI CHI TI DEVI SPAVENTARE…

Studia la società insomma, Igor, partendo dalle sue radici: la natura, perché “gli ideali sono pacifici, la storia è violenta”. E nella società ciò che lo delude è “la pigrizia, il lasciare che le cose accadano per il gusto di potersi poi lamentare con gli altri. Odio chi scoraggia i giovani, chi dice bravi, cambiatelo voi il mondo che noi vi aspettiamo, chi parla senza preparazione e senza il diritto di farlo”. Il suo sogno è essere indipendente. Ed è forse per questo che apprezza “chi non chiede il permesso” portando avanti le proprie idee positive perché “questa gioventù ha qualità”. Critiche a parte, chi chiede il permesso ed è tanto gentile, ma troppo gentile spesso ti nasconde qualcosa. Meglio i fiumi che sono sinceri, anche quando sono pericolosi. Senza false promesse, senza l’eccessivo garbo di mari senza mulinelli. Ed è di questi che ti devi spaventare.

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Playlist: Lioness Eye – Xavier Rudd

Igor d'India 1